Il diritto all’ascolto del minore nel processo civile
Cosa dice la legge?
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Identificare la persona in modo corretto è importante soprattutto quando può trattarsi di un minorenne da proteggere. La legge spesso diversifica il trattamento delle persone minori per la capacità ad avere diritti o obblighi, come vittime o autori di reati, o come destinatari di autorizzazioni o provvedimenti amministrativi. Le persone straniere minori di età non possono essere espulse dal territorio italiano. La legge italiana prevede che la minore età della persona sia determinata in base a quanto prevede la legge nazionale della persona considerata. Non è quindi necessariamente a 18 anni, se la persona non ha la cittadinanza italiana. Infatti, la legge dello stato di cui la persona è cittadina potrebbe prevedere un’altra età. Vedi a proposito l’approfondimento nella scheda: "Protezione dei minori stranieri e maggiore età". I giudici italiani hanno annullato decreti di espulsione emessi senza aver verificato che si tratta effettivamente di una persona maggiorenne. L’accertamento giudiziale è avvenuto sulla base di un’esame medico o anche con riferimento alla legge applicabile alla determinazione della minore età. Si vedano, a tale proposito, le seguenti pronuncie: Giudice di Pace di Roma, decreto del 05.12.2012 in proc. n. 42634/201 Tribunale di Roma, decreto del 20 settembre 2011 in proc. n. 17850/201 Giudice di Pace di Perugia, decreto del 22.02.2010 in proc. 123/201 Giudice di Pace di Roma, decreto del 16.10.2008 in proc. n. 375/200 Come si accerta l’età della persona? L’autorità competente - il Tribunale o la polizia, a seconda della situazione in cui ci si trova - può effettuare degli accertamenti sulla persona, per verificare se può essere minorenne. Questo può essere necessario soprattutto se la persona non dispone di documenti validi d’identità. Gli accertamenti sono fatti da personale medico qualificato. Gli accertamenti non sono mai esatti: è scientificamente provato che nessun accertamento medico può dare una definizione esatta dell’età della persona. Gli esami possono determinare un ambito temporale in cui può collocarsi l’età della persona esaminata. Gli accertamenti e gli esami possono essere compiuti sulla persona solo con il suo consenso. Devono essere rispettosi della dignità della persona. Nel dubbio, le autorità devono presumere che si tratti di una persona minorenne e attivare le misure necessarie per proteggerla adeguatamente. Quando le autorità valutano il comportamento di una persona nel processo penale e hanno il dubbio che questa sia minorenne, anche in base ad eventuali accertamenti medici, la minore età è presunta. Questo è stabilito dall’articolo 8 del del Codice di procedura penale per i minorenni (D.P.R. n. 448 del 1988). Il Ministero della Giustizia ha reso disponibile una relazione interessante sul tema della determinazione dell’età, a cura Dipartimento Giustizia Minorile – Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari (vedi a questa pagina). Quando la polizia deve identificare una persona straniera, può valutare la sua età anche in base ad accertamenti medici, sempre con il suo consenso. In caso di dubbio, la minore età è presunta (direttiva del Ministro dell’Interno del 9 luglio 200). Il Ministero dell’Interno e il Ministero della Salute hanno sottoscritto nel 2009 un protocollo d’intesa->http://legale.savethechildren.it/Protocollo-Ministero-dell-Interno] per individuare una procedura unitaria di accertamento dell’età in modo rispettoso dei diritti fondamentali dei minori e al fine di tutelare al meglio la loro posizione. Save the Children ha partecipato ai lavori e pubblicato un [Documento di analisi sul protocollo nel 201. Per uno sguardo all’estero, possiamo vedere le raccomandazioni del governo svedese riguardo l’accertamento dell’età di minori stranieri non accompagnati al fine del rilascio del permesso di soggiorno. Vedi le raccomandazioni e scarica il documento a questa pagina. Testo aggiornato al 5 dicembre 2012
Cosa dicono in breve le norme della legge 219/2012.
Che età hanno i nuovi cittadini italiani? I dati Eurostat su Italia e Europa
E’ un impegno scritto, obbligatorio per tutti i cittadini stranieri che hanno compiuto i sedici anni, per il quale si devono raggiungere determinati obiettivi di integrazione nel corso del soggiorno in Italia. La misura in cui tali obiettivi si raggiungono è indicata in crediti. Stipulare questo accordo è d’obbligo per il rilascio del permesso di soggiorno a partire dal 10 marzo 2012. Ufficio competente: sportello unico per l’immigrazione presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo. Per chi: Per tutti gli stranieri che chiedono il primo permesso di soggiorno. La stipulazione dell’accordo di integrazione è richiesta anche ai minorenni che hanno compiuto sedici anni, quale condizione per il rilascio del permesso di soggiorno. E’ sottoscritto sia dal minore che dal genitore o da chi esercita la potestà genitoriale regolarmente soggiornanti nel territorio nazionale. Tutti coloro che sottoscrivono l’accordo sono registrati in un elenco denominato "anagrafe nazionale degli intestatari degli accordi di integrazione". Eccezioni La legge prevede che siano esenti i minori non accompagnati affidati a una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela. In questi casi la legge prevede che l’accordo sia sostituito dal completamento del progetto di integrazione sociale e civile progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (articolo 2 comma 9 del Regolamento, articolo 32, comma 1 bis del Testo Unico sull’Immigrazion). Il percorso di integrazione così definito, peraltro, non è obbligatorio e comunque non è sempre offerto ai i minori stranieri accolti (posti in affidamento o in tutela). Diversamente, per i minori in affidamento o in tutela è previsto un progetto individuale proposto dal Servizio Sociale che ha in carico del minore, a seguito dell’inserimento nella comunità di tipo familiare o della struttura di assistenza, nonché con riferimento alle prescrizioni del Tribunale per i minorenni o del giudice tutelare in sede di nomina del tutore (articoli 361, 371 del codice civile; articoli 4, commi 3 e 4, 5 comma 1 della legge 184/1983). Tale progetto può essere inteso quale sostituzione all’accordo di integrazione, nella norma di esenzione prevista per questi ragazzi e ragazze. Unlteriori esenzioni sono stabilite per: le vittime della tratta di persone, di violenza o di grave sfruttamento, per le quali l’accordo è sostituito dal completamento del programma di assistenza ed integrazione sociale (articolo 18 del Testo Unico sull’immigrazion); persone affette da patologie o da disabilità tali da limitare gravemente l’autosufficienza o da determinare gravi difficoltà di apprendimento linguistico e culturale, attestati mediante una certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (articolo 2 comma 8 del Regolamento). Verifica L’accordo di integrazione ha durata di due anni, al termine dei quali è prevista una verifica dei crediti acquisiti da parte dello Sportello Unico. In caso di permesso di soggiorno della durata di un anno, la verifica avviene un mese prima della scadenza. L’esito della verifica può avere tre risultati: estinzione dell’accordo per adempimento: (art. 6 comma 5) qualora il numero dei crediti finali sia pari o superiore alla soglia di adempimento, fissata in trenta crediti, purchè siano stati conseguiti il livello A2 della conoscenza della lingua italiana parlata e il livello di sufficienza della conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia, è decretata l’estinzione dell’accordo per adempimento con rilascio del relativo attestato; proroga di un anno per recupero crediti risoluzione dell’accordo per inadempimento ai sensi del comma 5, lettera c), determina la revoca del permesso di soggiorno o il rifiuto del suo rinnovo e l’espulsione dello straniero dal territorio nazionale, Conseguenza della perdita dei crediti: La perdita integrale dei crediti determina la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, tranne che per gli stranieri titolari del permesso di soggiorno per i seguenti motivi: asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell’Unione europea, nonché dello straniero titolare di altro permesso di soggiorno che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare. Riferimenti normativi: Articolo 4bis del Testo Unico sull’Immigrazion, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 Scarica gli allegati (pulsante a destra): Il testo del regolamento approvato con D.P.R. 14 settembre 2011, n. 179 - Regolamento concernente la disciplina dell’accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato a norma dell’articolo 4-bis, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 28 Il testo dell’allegato A: modello dell’accordo di integrazione Il testo dell’allegato B: crediti riconoscibili Il testo dell’allegato C: debiti decurtabili
Gli atti relativi alla famiglia (matrimonio, divorzio, filiazione, etc...), alla capacità delle persone e ai diritti della personalità, sono riconosciuti in modo automatico in Italia, in base alla legge sul diritto internazionale privato, purché non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa (articolo 65 della legge di riforma del diritto internazionale privato del 31 maggio 1995 n. 21) Per averne riconoscimento in ogni sede ufficiale, bisogna esibire gli atti in originale, legalizzati dal Consolato italiano competente per la zona in cui sono stati formati e tradotti nella stessa sede o in Italia (traduzione asseverata in Tribunale). In caso di contestazione della loro validità in Italia (ad esempio, perché un ufficio ritiene che le condizioni siano contrarie all’ordine pubblico o non siano stati rispettati i diritti essenziali di una delle parti), si potrà sottoporre l’atto alla valutazione della Corte di Appello (articolo 67 della legge suddetta). Simili principi valgono anche per tutti i provvedimenti di giurisdizione volontaria (tutela, affidamento consensuale, separazione consensuale, adozione di maggiorenni, etc...). Ricongiungimento familiare Il tema del riconoscimento dei provvedimenti stranieri di affidamento e tutela del minore è stato affrontato spesso dai tribunali italiani, soprattutto con riferimento al riconoscimento dei provvedimenti di Kafalà di diritto islamico, ai fini del ricongiungimento familiare. La Corte di Cassazione ha affermato che questo istituto è riconosciuto dall’ordinamento italiano. Pertanto si può ottenere il visto ed il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare in base ad esso: sentenza del 20 marzo 2008 n. 7472->http://legale.savethechildren.it/Corte-di-Cassazione-I-sezione-civ]; [sentenza del 20 gennaio 2010 n. 190. La Corte di Appello di Venezia ha affermato che i bambini affidati in Marocco con l’istituto della Kafalà rientrano fra i familiari ammessi al soggiorno in Italia in base alle norme applicabili ai cittadini comunitari e italiani. Pertanto è legittimo il ricongiungimento del minore così affidato al cittadino italiano che ha anche la cittadinanza del Regno del Marocco. Si veda il decreto della Corte di Appello di Venezia del 9 febbraio 2011 n. 47. Un limite di ordine pubblico è stato riconosciuto quando l’affidamento o un altro provvedimento di protezione simile è disposto da autorità estere nei confronti di cittadini italiani, al fine di soggiornare in Italia con il minore straniero. A questo proposito, si è espressa la Corte di Cassazione in due recenti sentenze del 23 settembre 2011 n. 19450->http://legale.savethechildren.it/Corte-di-Cassazione-I-sezione-civ,536] e [del 1 marzo 2010 n. 486. Quando gli affidatari sono cittadini italiani, si ritiene prevalente l’applicazione della normativa in materia di adozione internazionale (art. 41, 2° comma, della legge n. 218/1995) e il ricongiungimento non si può disporre. La questione dell’autorizzazione all’ingresso e al soggiorno di minori affidati a cittadini italiani con l’istituto della Kafalà è stata decisa dai Tribunali e altre corti in modo discordante. Al fine di dirimere il contrasto fra i diversi orientamenti emersi, la questione è stata rimessa alla decisione della Corte di Cassazione a Sezioni Unite. Si veda, a questo proposito, l’ ordinanza del 24 gennaio 2012 n. 99 della Sesta sezione civile della Corte di Cassazione.