Home/Tag: Politiche per i minori

Progetto “IDEE Integrazione, Diritti ed Educazione contro l’Esclusione”

E’ un progetto promosso dall’Unione Province d’Italia (UPI), in partenariato con le Province dell’Aquila, Milano e Roma ed in collaborazione con Save the Children Italia Onlus. Il progetto è finanziato nel quadro del Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi 2007-2013 dal Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, Direzione Centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo. IDEE ha inteso contribuire alla promozione dell’inclusione di minori provenienti da Paesi Terzi e frequentanti gli istituti scolastici secondari superiori dei tre territori partner, favorendo processi di socializzazione interculturale, contrasto ai pregiudizi, informazione, supporto legale e accompagnamento alla genitorialità, a partire dalla scuola come luogo di riferimento e mediante un approccio metodologico innovativo e partecipato. Nello specifico, il progetto IDEE ha sviluppato un percorso pilota di accoglienza all’interno degli istituti scolastici coinvolti, il quale, valorizzando l’intercultura e il rapporto dell’alunno e della sua famiglia con la realtà scolastica, ha promosso interventi di educazione ai diritti di cittadinanza, centrati sul principio di non discriminazione, inclusione e partecipazione, e di valorizzazione della genitorialità quale risorsa fondamentale per il raggiungimento del successo scolastico. Il progetto IDEE ha coinvolto in totale 15 classi di 13 istituti scolastici secondari superiori, lavorando direttamente con un totale di circa 350 minori e 45 docenti. Tra le attività realizzate figurano: laboratori interattivi sulla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia per docenti e studenti; orientamento per le famiglie straniere ai servizi del territorio e per facilitare il rapporto tra queste, i loro figli e la scuola; informazione legale in merito a problematiche quali legalizzazione dei titoli di studio, normativa in materia di immigrazione e cittadinanza; comunicazione su tematiche relative all’inclusione dei minori stranieri (spot radio, video, ecc.) ed incontro e confronto tra i diversi soggetti che si occupano di interculturalità a scuola ed integrazione dei minori stranieri.  

2011-05-23T00:00:00+02:0023 Maggio 2011|Progetti Conclusi|

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza del 28 aprile 2011 in causa C‑61/11 PPU

In base alla direttiva comunitaria 008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, la Corte di Giustizia ha affermato che gli Stati membri non possono introdurre una pena detentiva al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo. Ciò è invece previsto dalla legge italiana, nel caso in cui un cittadino di un paese non appartenente all’Unione Europea permanga nel territorio nazionale, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e che il termine impartito con tale ordine è scaduto. La disposizione, inserita all’articolo 14 comma 5-{quater} del Testo Unico sull’Immigrazion si applica agli adulti stranieri e ai loro figli minori, che devono seguirli: “Lo straniero destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5 ter e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5 bis, che continua a permanere illegalmente nel territorio dello Stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.” La Corte osserva che le condizioni e le modalità applicative di una tale pena detentiva rischiano di compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva, ossia l’instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare nel rispetto dei loro diritti fondamentali. Il giudice italiano, incaricato di applicare le disposizioni del diritto dell’Unione e di assicurarne la piena efficacia, dovrà quindi disapplicare ogni disposizione nazionale contraria al risultato della direttiva (segnatamente, la disposizione che prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni) e tenere conto del principio dell’applicazione retroattiva della pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Link alla sentenz sul sito della Corte di Giustizia

2011-05-18T16:32:33+02:0018 Maggio 2011|Corte di Giustizia dell'Unione Europea|

Corte di Cassazione, I Sezione Civile, sentenza del 31 marzo 2011 n. 7504

Richiamandosi alla giurisprudenza ormai consolidata (tra cui la recente sentenza n. 18219/2009), la Corte di Cassazione ha dichiarato che, di fronte alla situazione di degrado in cui si trovano i figli, non è sufficiente  dimostrare una mera disponibilità dei parenti (ivi compresi i nonni) a farsi carico dei minori al fine di sostenere che non sono in stato di abbandono e quindi adottabili, dovendo comunque sussistere un rapporto sottostante di familiarità ed accudimento, ovvero, al limite, un tentativo di contrastare la condizione di degrado dei minori, con interventi sostitutivi dei genitori od eventualmente con denunce alle autorità di controllo.

2011-04-12T14:51:59+02:0012 Aprile 2011|Giurisprudenza italiana|

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 21799 del 25 ottobre 2010

La temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore prevista dall’art. 31 del Testo Unico sull’immigrazione (d.lgs. n. 286 del 1998) in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, può comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obbiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà al minore dall’allontanamento del familiare o dal definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto. In considerazione della particolare protezione di cui godono la famiglia e l’interesse del minore nella Costituzione, nel diritto comunitario e internazionale, non è necessario provare la sussistenza di circostanze eccezionali o urgenti. Conforme: Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza del 3 febbraio 2011 n. 264  

2011-04-12T13:02:06+02:0012 Aprile 2011|Giurisprudenza italiana|

Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza del 3 febbraio 2011 n. 2647

La prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ribadisce il principio pronunciato dalle Sezioni Unite (v. sentenza del 25.10.2010 n. 2179). La temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore prevista dall’art. 31 del Testo Unico sull’immigrazione (d.lgs. n. 286 del 1998) in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, può comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obbiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà al minore dall’allontanamento del familiare o dal definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto. In considerazione della particolare protezione di cui godono la famiglia e l’interesse del minore nella Costituzione, nel diritto comunitario e internazionale, non è necessario provare la sussistenza di circostanze eccezionali o urgenti.  

2011-04-12T13:00:04+02:0012 Aprile 2011|Giurisprudenza italiana|

Risoluzione del Parlamento europeo del 9 marzo 2011 sulla strategia dell’UE per l’inclusione dei rom 2010/2276(INI)

Il Parlamento europeo ha approvato una mozione per definire “la strategia di inclusione dei rom in Europa”. L’Assemblea chiede di introdurre “standard minimi obbligatori a livello europeo per promuovere l’integrazione sociale, economica e culturale dei Rom. Risoluzione del Parlamento europeo del 9 marzo 201  

2011-04-06T12:59:12+02:006 Aprile 2011|Normativa comunitaria|

Corte di Cassazione, Sez. I Civile, sentenza del 14.2.2011 n. 3572

L’adozione pronunciata all’estero nei confronti di genitori italiani, ivi residenti da almeno due anni, può essere riconosciuta in Italia, previa verifica della sua conformità ai principi della Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993 sull’adozione internazionale (art. 36 della legge n. 184/1983 sul diritto del minore a una famiglia). Tuttavia, questo principio deve essere applicato nel rispetto dei principi fondamentali che regolano in Italia il diritto di famiglia e dei minori (articolo 35 comma 3), fra i quali l’ammissibilità dell’adozione da parte di coniugi uniti in matrimonio (articolo 6). Non è quindi riconosciuta in Italia l’adozione di un bambino da parte di un cittadino non sposato.    

2011-04-05T12:15:49+02:005 Aprile 2011|Giurisprudenza italiana|

Corte di Cassazione, Sezione I Civile, sentenza n. 20134 del 23 settembre 2010

Negato il ricongiungimento familiare al convivente di una cittadina italiana in gravidanza, sulla base della formulazione del divieto di espulsione (limitato al coniuge straniero della donna in gravidanza, art. 19 comma 1 lettera d del Testo Unico sull’immigrazione, d. lgs. 286/98), limitato ai futuri padri sposati. La Corte ha escluso l’applicabilità delle norme comunitarie e italiane a tutela dei familiari di cittadini italiani, non ostante la legge lo preveda esplicitamente all’articolo 28 d. lgs. 286/1998 e articoli 3 e 23 del d. lgs. 30/2007 (Applicabilita’ ai soggetti non aventi la cittadinanza italiana che siano familiari di cittadini italiani), al fine di agevolare l’ingresso e il soggiorno dei familiari diversi dal coniuge e dai figli, qualunque sia la loro cittadinanza, se a carico o conviventi, nonché del partner con cui il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata dallo Stato del cittadino dell’Unione.

2010-12-18T11:59:10+01:0018 Dicembre 2010|Giurisprudenza italiana|

Corte di Cassazione, Sezione VI, ordinanza del 2 dicembre 2010 n. 24526

L'affidamento condiviso deve essere disposto in ogni caso, tranne quando risulti pregiudizievole per l'interesse del minore con riferimento all'inidoneità educativa o manifesta carenza dell'altro genitore. Nel caso di genitori residenti in stati diversi, l'oggettiva distanza esistente tra i luoghi di residenza non preclude la possibilità di un affidamento condiviso del minore a entrambi i genitori.  

2010-12-17T22:01:10+01:0017 Dicembre 2010|Giurisprudenza italiana|
Go to Top