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Decreto legislativo del 6 febbraio 2007 n. 30

  Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare. Normativa applicabile anche ai familiari non comunitari di cittadini italiani, in base all'articolo 28 comma 2 del Testo Unico sull'immigrazione e all'articolo 23 del decreto legislativo n. 30/2007 in oggetto.

2011-05-23T13:34:41+02:0023 Maggio 2011|Normativa italiana|

Tribunale Amministrativo del Lazio, sentenza del 18 novembre 2010 n. 33581

Deve essere riconosciuto il diritto alla conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età per i minori "comunque affidati" ad altro soggetto, a un istituto o ente, o che siano stati sottoposti a tutela, se sussistano tutti i requisiti per il rinnovo ad altro titolo del permesso di soggiorno. Non trovano applicazione gli ulteriori requisiti relativi alla frequenza di un progetto di integrazione sociale e alla presenza in Italia da almeno tre anni: l’art. 32 del D. lgs. n. 286/98 va interpretato nel senso che i commi 1-bis e 1-ter integrano una fattispecie distinta da quella del primo comma, con la conseguenza che le condizioni richieste in tali commi non si cumulano con quelle del primo comma, idonee autonomamente a consentire la conversione del permesso. Il tribunale condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese del giudizio, in considerazione della giurisprudenza ormai risalente ed univoca. Conforme: TAR Lazio, sez. IIquater, sentenza del 7.10.2010 n. 3271

2011-05-23T11:03:49+02:0023 Maggio 2011|Giurisprudenza italiana|

TAR Lazio sez II-quater, sentenza del 7 ottobre 2010 n. 32718

Deve essere riconosciuto il diritto alla conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età per i minori "comunque affidati" ad altro soggetto, a un istituto o ente, o che siano stati sottoposti a tutela, se sussistano tutti i requisiti per il rinnovo ad altro titolo del permesso di soggiorno. Non trovano applicazione gli ulteriori requisiti relativi alla frequenza di un progetto di integrazione sociale e alla presenza in Italia da almeno tre anni: l’art. 32 del D. lgs. n. 286/98 va interpretato nel senso che i commi 1-bis e 1-ter integrano una fattispecie distinta da quella del primo comma, con la conseguenza che le condizioni richieste in tali commi non si cumulano con quelle del primo comma, idonee autonomamente a consentire la conversione del permesso. Il tribunale condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese del giudizio. Conforme: TAR Lazio sez. IIquater, sentenza del 18.11.2010 n. 3358

2011-05-23T10:57:19+02:0023 Maggio 2011|Giurisprudenza italiana|

Tribunale di Montepulciano, sentenza del 17 febbraio 2011

Il tribunale di Montepulciano richiama le sentenze con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma (articolo 80 comma 19 della legge n. 388/2000) che subordina alle requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell’assegno mensile di invalidità. E’ illegittimo quindi negare l’indennità di frequenza alla minore affetta da autismo, iscritta nel permesso di soggiorno dei genitori con i quali vive, quando tale permesso non è di breve periodo, e tuttavia non è un permesso CE per cittadini straneiri lungosoggiornnati ex articolo 9 del Testo Unico sull’immigrazione (ex carta di soggiorno). Vedi anche: Corte Costituzionale, sentenza del 9.2.2011 n. 4  

2011-05-18T18:07:19+02:0018 Maggio 2011|Giurisprudenza italiana|

Corte di Appello di Palermo sez. I, Ordinanza del 19 febbraio 2011

La Corte autorizza il genitore alla permanenza sul territorio nazionale, per gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico delle due figlie minori, ai sensi dell’articolo 31, comma 3, del Dlgs. n. 286/1998. Non risultano ostative tre precedenti condanne penali per vendita di prodotti contraffatti, poiché si tratta di fatti risalenti nel tempo (commessi fino all’anno 2003) e che non destano grave allarme sociale.  

2011-05-18T17:39:32+02:0018 Maggio 2011|Giurisprudenza italiana|

TAR Lazio sez II-quater, sentenza dell’11 marzo 2011 n. 2224

E’ illegittimo oggi negare il rinnovo del permesso di soggiorno alla maggiore età con riferimento alla mancata partecipazione, da parte del richiedente, ad un progetto di integrazione sociale di durata almeno biennale. Sebbene il ricorrente abbia fatto domanda di conversione successivamente all’entrata in vigore della modifica normativa di cui alla l. 94/09, egli non ha avuto a disposizione il tempo minimo necessario per maturare il suddetto biennio. L’adempimento previsto dalla legge è infatti impossibile per chi, alla data di entrata in vigore della legge, aveva già compiuto sedici anni. Questa normativa, prevista dal nuovo testo dell’articolo 32 del Testo Unico sull’Immigrazione non può applicarsi a coloro che abbiano compiuto la maggiore età prima della sua entrata in vigore ovvero entro i successivi due anni. Conformi: Consiglio di Stato, ordinanze del 19.9.2010 n. 4232 e 423  

2011-05-18T17:26:32+02:0018 Maggio 2011|Giurisprudenza italiana|

Tribunale per i Minorenni di Venezia, sentenza del 31 gennaio 2011 n. 383

L’autorizzazione al soggiorno del genitore irregolarmente soggiornante, prevista dalla legge per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore che si trova nel territorio italiano (articolo 31 comma 3 del Testo Unico sull’Immigrazione), può essere concessa anche come misura cautelare al fine di impedire danni irreparabili durante il processo, qualora il genitore sia espulso.  

2011-05-18T16:49:49+02:0018 Maggio 2011|Giurisprudenza italiana|

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza del 28 aprile 2011 in causa C‑61/11 PPU

In base alla direttiva comunitaria 008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, la Corte di Giustizia ha affermato che gli Stati membri non possono introdurre una pena detentiva al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo. Ciò è invece previsto dalla legge italiana, nel caso in cui un cittadino di un paese non appartenente all’Unione Europea permanga nel territorio nazionale, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e che il termine impartito con tale ordine è scaduto. La disposizione, inserita all’articolo 14 comma 5-{quater} del Testo Unico sull’Immigrazion si applica agli adulti stranieri e ai loro figli minori, che devono seguirli: “Lo straniero destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5 ter e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5 bis, che continua a permanere illegalmente nel territorio dello Stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.” La Corte osserva che le condizioni e le modalità applicative di una tale pena detentiva rischiano di compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva, ossia l’instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare nel rispetto dei loro diritti fondamentali. Il giudice italiano, incaricato di applicare le disposizioni del diritto dell’Unione e di assicurarne la piena efficacia, dovrà quindi disapplicare ogni disposizione nazionale contraria al risultato della direttiva (segnatamente, la disposizione che prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni) e tenere conto del principio dell’applicazione retroattiva della pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Link alla sentenz sul sito della Corte di Giustizia

2011-05-18T16:32:33+02:0018 Maggio 2011|Corte di Giustizia dell'Unione Europea|
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