Home/Leggi e Materiali/Giurisprudenza/Corte Europea per i Diritti Umani

Corte Europea per i Diritti Umani, sentenza del 19.2.2013 (causa n. 19010/07)

E' illegittimo rifiutare l'adozione del bambino da parte della compagna della madre. Nel caso di X e altri c Austria, la Corte ha dichiarato che vi è stata violazione della Convenzione. Il caso riguardava la denuncia presentata da due donne che vivono in una relazione stabile per il rifiuto dei giudici austriaci di concedere il diritto di adottare il figlio della compagna. Lo scopo è riconoscere il vincolo di genitorialità fra il bambino e la compagna della madre. La legge austriaca presume l’eterosessualità della coppia e prevede che l’adozione da parte della compagna avrebbe comportato la perdita della potestà della madre. La Corte ha constatato che la differenza di trattamento tra i ricorrenti e una coppia non sposata eterosessuale era basata sull’orientamento sessuale dei ricorrenti. Il governo austriaco non ha fornito ragioni convincenti per dimostrare che l’esclusione dell’adozione da parte della compagna della madre è necessaria per la tutela della famiglia nel senso tradizionale o per la tutela degli interessi del minore. La distinzione è quindi discriminatoria (principi sanciti agli articoli 8 e 14 della Convenzione Europea per i diritti umani). La corte ha pertanto affermato che vi è violazione di questi principi e ha dichiarato illegittimo il rifiuto dei giudici austriaci di concedere il diritto di adottare il figlio della compagna senza recidere legami giuridici della madre con il bambino (adozione del bambino da parte del genitore elettivo). Allo stesso tempo, la Corte ha sottolineato che la Convenzione non obbliga gli Stati ad estendere il diritto di secondo genitore adozione alle coppie non sposate. Il testo della sentenza è disponibile in lingua inglese e francese.  

2013-03-04T16:17:39+01:004 Marzo 2013|Corte Europea per i Diritti Umani|

Corte Europea per i Diritti Umani, sentenza del 23.02.2012 Hirsi et al. v. Italia

Sono illegittimi i respingimenti in mare per violazione dei diritti umani fondamentali. Il processo ha origine dal respingimento da parte delle autorità italiane di circa 200 cittadini eritrei e somali, inclusi donne e bambini, intercettati in acque internazionali al largo di Lampedusa e successivamente ricondotti in Libia lo scorso 6 maggio 2009. La Corte ha accolto il ricorso di 22 ricorrenti condannando l’Italia per l’azione di refoulement in Libia commessa dalle autorità italiane, in violazione degli artt. 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) e 13 ( diritto ad un ricorso effettivo) della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, nonché dell’art. 4 del Protocollo aggiuntivo n. 4 alla Convenzione medesima (divieto di espulsioni collettive). Scarica la sentenza, disponibile in lingua francese e inglese (pulsante a destra) Ref.: ricorso n. 27765/09  

2012-02-23T14:19:23+01:0023 Febbraio 2012|Corte Europea per i Diritti Umani|

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Sez. IV, sentenza del 20 settembre 2011, A.A. c. Regno Unito

Contrasta con il principio di tutela della vita familiare previsto dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo l’espulsione del minorenne verso la Nigeria, pur a seguito della condanna a un reato grave. Ciò al fine di tutelare l’unità con la famiglia di origine, residente nel Regno Unito, nonché il suo positivo percorso di integrazione. Testo della sentenza in inglese (a lato)

2011-11-13T19:51:05+01:0013 Novembre 2011|Corte Europea per i Diritti Umani|
Go to Top