L’ultimo rapporto del progetto IMMERSE racconta le sfide e le opportunità che le nuove generazioni e i minori stranieri non accompagnati vivono quotidianamente nell’accesso all’istruzione tra interculturalità e multilinguismo.

Nelle periferie di molte città sono sempre più frequenti i casi di segregazione scolastica, ovvero scuole con un’alta incidenza di alunni di origine straniera. Queste scuole affrontano quotidianamente aspre diseguaglianze in un contesto di multiculturalità, basse condizioni socio-economiche, scarsità di insegnanti di mediatori culturali e fondi per l’inclusione. Condizioni che limitano le opportunità di apprendimento e al contempo stimolano forti processi di inclusione.

L’ultimo rapporto del progetto europeo IMMERSE offre un nuovo sguardo proprio sull’inclusione dei minori con background migratorio, in particolare i ragazzi di “nuova generazione”, ovvero i minorenni di origine migrante nati o cresciuti in Italia (cosiddette “seconde generazioni”), e quelli giunti da soli sul territorio italiano. Grazie alla collaborazione dei centri educativi di Save the Children nelle città di Torino, Roma, Catania e Napoli, la ricerca ha esplorato le sfide e le opportunità più importanti che vivono i minorenni migranti nel nostro Paese, in ottica di interculturalità e multilinguismo, analizzando i nodi e le risorse che possono “fare la differenza” nella carriera ed esperienza scolastica di questi giovani.

Qualche dato

In Italia, nell’anno scolastico 2019/20, gli alunni con background migratorio erano il 10,3% del totale degli iscritti, tuttavia, molteplici difficoltà interessano ancora il loro percorso scolastico. Dalle minori chances di inserimento alla scuola dell’infanzia, al ritardo e all’abbandono scolastico precoce, passando, in certi territori, per il fenomeno della concentrazione degli alunni stranieri in alcune scuole con il corrispondente allontanamento delle famiglie italiane (c.d. white flight) e, più diffusamente, per l’orientamento dei giovani con background migratorio alla scelta di indirizzi secondari superiori di tipo tecnico-professionale. Anche relativamente ai NEET, ovvero i giovani (15-29 anni) che non sono inseriti in percorsi scolastici, nè formativi, né lavorano, gli stranieri sono il 33,5%, 10 pp in più rispetto agli italiani. Da considerare, infine, il rischio che la pandemia abbia esacerbato questo insieme di disuguaglianze, implicando un maggiore svantaggio scolastico per studenti, anche in termini di povertà educativa e digitale.

Per una scuola più inclusiva

Le carriere scolastiche e il successo formativo degli studenti con background migratorio sono ancora troppo spesso a rischio. La scommessa dell’inclusione e del contrasto alla dispersione scolastica richiede interventi educativi improntati al sostegno, al dialogo e alla partecipazione, calati in percorsi che prevedano:

  • il tempestivo inserimento scolastico in classi eterogenee e coerenti rispetto all’età anagrafica dei minorenni neo-arrivati e la trasparenza delle procedure amministrative;
  • l’accompagnamento verso scelte e percorsi in grado di valorizzare le competenze pregresse, garantire opportunità professionali e scongiurare i rischi di abbandono;
  • il potenziamento dei dispositivi di orientamento scolastico, perché siano meno condizionati da stereotipi, attraverso una formazione adeguata del personale scolastico, il supporto di mediatori culturali e mediante il ricorso a parametri condivisi con i minorenni e le loro famiglie o i loro tutori;
  • l’elaborazione di nuovi metodi per la didattica a distanza inclusiva;
  • l’adozione di approcci volti a promuovere un clima inclusivo e non discriminatorio;
  • la diffusione di interventi mirati a valorizzare il pluralismo e a favorire il confronto interculturale;
  • l’incremento di occasioni di collaborazione strutturate e continuative tra scuola/centri formativi e ambienti educativi non formali in rete con la comunità educante.
I minori stranieri non accompagnati

A fine aprile 2022, i MSNA erano più di 14.000 giovani, quasi totalmente di genere maschile, in larga parte vicini alla maggiore età e diversamente dislocati sul territorio italiano. Con un breve lasso di tempo a disposizione per impostare un percorso di inclusione, questi giovani incontrano spesso ostacoli relativi alla carenza di offerta educativa e formativa locale o al ritardo nell’accesso ad essa. In particolare, il mancato inserimento nel sistema scolastico ordinario appare diffuso e non accuratamente tracciato tramite una raccolta dati sistemica. Prevalentemente, infatti, i MSNA in Italia frequentano corsi di alfabetizzazione, soprattutto presso i centri di prima o seconda accoglienza che li ospitano, presso i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) del territorio o, in misura minoritaria, in organizzazioni del privato sociale. L’esperienza raccolta dall’indagine rivela tutte le difficoltà della frequenza di un CPIA: da ritmi di insegnamento e apprendimento più difficili da sostenere data la compressione del curriculum in meno anni di studio, alla mancata occasione di socializzazione con coetanei giacché i frequentanti sono spesso adulti.

I risultati della ricerca richiamano dunque nello specifico alla necessità di orientare lo sviluppo di interventi in considerazione delle seguenti questioni trasversali:

  • la limitatezza del tempo a disposizione che richiede un orientamento e inserimento tempestivo in percorsi scolastici e/o formativi secondo una progettualità condivisa;
  • la necessità di sviluppare la motivazione allo studio, per favorirne l’accesso a percorsi professionali maggiormente qualificati e di valorizzazione interessi personali;
  • la priorità della socializzazione con coetanei di diversa provenienza e autoctoni;
  • la criticità di percorsi caratterizzati dalla frammentazione sia rispetto alla biografia e al progetto migratorio del giovane sia rispetto ai servizi e alle forme di intervento e protezione.

È quindi necessario superare l’estrema eterogeneità degli approcci, per favorire lo sviluppo di pratiche inclusive maggiormente intenzionali e sistematiche, basate sul coordinamento e la collaborazione di tutti gli attori chiave, e si rimarca, al contempo, l’importanza che le pratiche siano ispirate ad una visione della diversità culturale come risorsa a vantaggio di tutti.

Il rapporto completo è disponibile qui.
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