Si chiama Re-Future e già nel nome dichiara un orizzonte d’azione, lavorare oggi pensando al futuro dei rifugiati, per porre le basi della società accogliente e transculturale di domani.

Il progetto è dedicato alla fascia più vulnerabile di migranti, i minori non accompagnati e nasce dall’incontro tra il team creativo della Dugong Films, società di produzione audiovisiva, specializzata in opere che coniugano ricerca artistica e temi sociali, e l’associazione Accoglierete, operativa a Siracusa, tra le prime in Italia a sostenere e diffondere il ruolo del tutore legale volontario per far fronte al disorientamento dei minori stranieri non accompagnati.

Sono stati coinvolti circa 40 ragazzi in un workshop di educazione all’immagine e filmaking, volto a sensibilizzare e stimolare il loro sguardo sulla realtà per imparare a esprimersi e mettersi in gioco, utilizzando in modo più consapevole lo strumento che hanno nelle loro tasche, lo smartphone.

Il workshop è andato avanti per 11 mesi, durante i quali i ragazzi hanno osservato e raccontato la realtà che li circonda, realizzando video in totale autonomia, elemento fondamentale per suscitare in loro sguardi responsabili, critici e liberi, favorendo il processo di inclusione nella nostra società attraverso uno scambio emotivo e culturale.

«L’acquisizione di una visione e di una tecnica per esprimersi, consente il superamento di ogni barriera linguistica e culturale, oltre a costituire un bagaglio di competenze e abilità che i ragazzi potranno sfruttare anche nel loro inserimento lavorativo» spiega il tutor del workshop Andrea Caccia, regista milanese, docente di comunicazione allo IULM di Milano, che ha alle spalle una lunga esperienza in corsi di alfabetizzazione all’immagine su smartphone per adolescenti.

Sono stati prodotti più di mille video che attraverso un lungo lavoro di selezione e montaggio sono andati a comporre il film Tumarankè.

Un racconto corale che ci fa conoscere più da vicino chi sono i giovani migranti che arrivano in Europa e cosa vivono quotidianamente: i sogni, le difficoltà, il lavoro, la scuola, la vita in comunità, la nostalgia di casa, il tempo libero, le loro personalità, il loro sguardo sulla nostra realtà e di rimando il loro livello di integrazione, le criticità e i punti di forza del complesso sistema europea dell’accoglienza.

Il film apre una finestra sulla loro vita quotidiana e soprattutto sulla loro emotività. C’è Mor diciassettenne del Gambia, che sta scrivendo un diario per poter raccontare un giorno ai suoi figli questo momento della sua vita. Meka ha sedici anni, viene dal Mali, ama il rap e i piccioni viaggiatori, il suo nome d’arte è Big Boss e ha registrato una canzone dedicata ai “tumarankè” parola della lingua bambara che definisce chi si mette in viaggio e lascia il proprio paese alla ricerca di una vita migliore. Ahmed, arrivato dalla Costa d’Avorio, che si riprende nella cucina della comunità alloggio intento a preparare la cena per gli altri dieci ragazzi che abitano con lui, Said egiziano che sogna di diventare uno chef e filma con dovizia di particolari il suo lavoro nelle cucine di un ristorante. Lamin della Guinea che adesso lavora in un negozio di riparazione elettronica e si filma soddisfatto mentre opera proprio su uno smartphone.

Ma non solo. Perché ad emergere è anche uno spaccato della nostra società contemporanea vista attraverso i loro occhi: il trenino turistico di Ortigia, la parata del Gay Pride, i giocolieri di strada,

Il risultato è un diario intimo e sorprendente, caleidoscopio di pezzi di vita, istanti e sguardi, che trasforma l’obiettivo dello smartphone: da strumento spesso considerato come spersonalizzante, a uno strumento per mettersi in gioco in prima persona, per raccontare e condividere un’esperienza.

Del resto tecnologia e smartphone hanno un ruolo imprescindibile per che affronta il viaggio e per la conduzione della propria vita una volta arrivati, oltre a essere l’unico legame tra quello si lascia alle spalle e quello che verrà.

«Per i nativi digitali il video e i social sono ormai un prolungamento del pensiero, un’estensione tecnologica della conoscenza. I migranti minori vivono a cavallo di due mondi, hanno alle spalle storie incredibili e come tutti gli adolescenti hanno bisogno di ridefinire gradualmente la loro identità – afferma Marco Alessi della Dugong Films, società capofila del progetto – il percorso del workshop diventa un aiuto per ancorarsi al mondo e autoaffermarsi.

L’immediatezza del mezzo ha incuriosito i ragazzi che hanno scelto di partecipare. Abbiamo constatato che soprattutto gli ultimi arrivati, i minori che vivono nei centri di seconda accoglienza hanno chiesto di partecipare al workshop. Non parlavano ancora l’italiano e il video era in quel momento l’unico mezzo che hanno per esprimersi, e raccontare qualcosa di loro. Un modo per ridimensionare l’apparente distanza che il racconto dei media costruisce quotidianamente. Aldilà di ogni retorica sono i loro sguardi e le loro voci in prima persona a raccontarci chi sono».

SINOSSI

Tumaranké è una parola della lingua bambara che definisce “chi si mette in viaggio alla ricerca di un futuro migliore”. I giovani “viaggiatori” sono i protagonisti di questo documentario. Sono minori, sono soli e arrivati da poco in Italia. Dopo un workshop di educazione all’immagine e visualstorytelling durato un anno, attraverso la lente del loro smartphone si raccontano e riprendono la realtà dal loro personalissimo punto di vista. Ne esce uno spaccato della loro vita in Italia, la comunità dove risiedono, le nuove amicizie, i sogni, le fragilità, i momenti di solitudine, e poi l’inserimento in un nuovo paese dove giorno dopo giorno, mentre imparano una lingua, scoprono e ci fanno scoprire una cultura dell’inclusione possibile, gettando così le fondamenta per un futuro comune.

GLI AUTORI

Tumaranké è un film collettivo realizzato dal progetto Re-future, un workshop di educazione all’immagine e visual storytelling della durata di un anno, rivolto ai migranti minori non accompagnati residenti a Siracusa.
Il film è composto quasi interamente dai video realizzati dai ragazzi con il loro stesso smartphone.
Marta Tagliavia e Camilla Paternò hanno coordinato la post-produzione, facendo confluire gli oltre mille video realizzati in un film.

Vedi il trailer di Tumaranke