La notizia della candidatura a Premio Nobel per la pace della sedicenne svedese Greta Thunberg – che si è distinta per il suo impegno nel contrasto al cambiamento climatico – evidenzia il volto di quella parte della comunità globale che continua, giorno dopo giorno, a combattere per un mondo migliore.

Tuttavia, al crescere dell’impegno di sempre più persone per la tutela dei diritti dell’ambiente e dell’uomo, aumenta anche la repressione nei loro confronti da parte sia di società private, sia dei governi. E’ quanto emerge dalla “Global Analysis 2018” di Front Line Defenders, associazione impegnata nella difesa di tutti coloro che si prodigano nella tutela dei diritti umani, neo vincitrice del premio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

Cresce il numero di omicidi di attivisti. Lo scorso anno, secondo l’organizzazione, 321 attivisti sono stati uccisi in 27 paesi, nove in più rispetto al 2017. Una “epidemia globale”, la cui gravità è emersa anche durante il secondo summit mondiale degli Human Rights Defenders che si è svolto pochi mesi fa a Parigi per celebrare il 20esimo anniversario della “Dichiarazione universale dei diritti umani”.

La maggior parte degli omicidi, il cui numero è fortemente sottostimato a causa delle difficoltà nel tenerne traccia, è avvenuta in sud America, in Africa e in Asia e ha riguardato attivisti impegnati soprattutto nella difesa dell’ambiente e delle popolazioni indigene.

Fanno da corollario agli omicidi un numero altissimo di aggressioni fisiche e minacce.

Il ruolo dei governi.  Secondo il rapporto, nel mondo le violazioni dei diritti degli attivisti continuano ad essere perpetrate nella maggior parte dei casi dagli stati, a volte in collusione con gli interessi di grandi aziende e società. La criminalizzazione degli attivisti è spesso seguita da pesanti campagne diffamatorie, facilitate dall’accesso dei governi a televisioni e radio, ed è di frequente collegata al pericolo per la sicurezza pubblica e dello stato. Questo comporta l’accusa per reati gravi e la condanna a pene severe, come è successo in Burundi a Germain Rukuki condannato a 32 anni per avere promosso l’abolizione della pena di morte.

L’ascesa di partiti che attaccano i difensori dei diritti umani. Secondo Front Line Defenders, in molti paesi l’anno appena trascorso è stato teatro dell’ascesa e della vittoria di partiti e movimenti apertamente contrari ai diritti umani e a chi li difende. Il 2018 è stato l’anno della ricomparsa di parole omofobe, razziste e xenofobe, utilizzate dai rappresentanti dei governi per promuovere il nazionalismo e l’esclusione sociale come strategia per la sicurezza nazionale.

La criminalizzazione della difesa dei migranti in Europa. Il rapporto evidenzia la criminalizzazione che anche in Europa è stata costantemente portata avanti nei confronti in particolare degli attivisti che agiscono per la difesa dei migranti e dei richiedenti asilo.

Azioni di solidarietà con i migranti, come quelle del contadino francese Cedric Herrou che ha dato rifugio ai richiedenti asilo che dall’Italia avevano cercato di raggiungere la Francia – condannato nel 2017 a 3.000 euro di multa e otto mesi di reclusione con una sentenza successivamente ribaltata dalla decisione del Consiglio Costituzionale Francese il 6 luglio del 2018 che lo ha assolto riconoscendogli di avere agito per “principio di fraternità” – hanno portato ad arresti, vessazioni giudiziarie, intimidazioni, minacce e campagne diffamatorie, creando un clima di ostilità e odio verso ONG e volontari. In Ungheria, è stata approvata una legge che criminalizza l’assistenza umanitaria ai migranti. In Italia, Front line Defenders contesta il  governo per aver “ accusato apertamente le organizzazioni della società civile che salvano vite umane nel Mar Mediterraneo di essere complici dei trafficanti di esseri umani”. Le “campagne diffamatorie e ostruttive” portate avanti nei confronti delle ONG hanno contribuito all’interruzione da parte di queste ultime delle operazioni di ricerca e salvataggio nel Mar Mediterraneo.

Spiragli di luce e vittorie. Nonostante le minacce e i soprusi che continuano a minare il lavoro degli attivisti in tutto il mondo, le vittorie ottenute dimostrano quanto sia significativo il loro operato. In Malesia, il governo ha annunciato di voler abolire la pena di morte, nelle Maldive è stata ripristinata la democrazia, in Tunisia è stata promulgata una legge che punisce la discriminazione razziale, in America Latina 24 paesi hanno firmato un trattato per la difesa dell’ambiente e dei diritti umani, in Congo una coalizione di donne che lottano per lo sviluppo sostenibile è riuscita ad ottenere l’impegno formale del Governo nella protezione dei diritti delle donne e dell’ambiente. Importanti conquiste, nella lunga strada ancora da percorrere per la difesa dei diritti dell’uomo e dell’ambiente in ogni angolo del pianeta.