Perchè in Italia i diritti dei minori non sono mai messi in primo piano nelle decisioni economiche

Nelle sue osservazioni finali sui Rapporti (5° e 6°) presentati dall’Italia sull’attuazione della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il Comitato ONU che valuta i progressi e il rispetto di questi diritti nei vari paesi esprime alcune preoccupazioni specifiche in ambito di politica economica. Innanzitutto, in base all’osservazione delle dinamiche di impoverimento che hanno colpito le generazioni più giovani nel corso della crisi in Italia, il Comitato “è preoccupato che le misure di austerità introdotte dal 2010 continuino a compromettere l’effettiva protezione dei diritti dei minori da parte dello Stato, e che la preparazione, approvazione, attuazione e monitoraggio delle misure economiche e della finanza pubblica non prevedano una prospettiva che prende in considerazione i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”.

Nelle principali responsabilità di uno Stato e dei decisori politici rientrano sicuramente quelle di progettare, realizzare e valutare qualsiasi intervento economico mettendo a fuoco il rispetto e la promozione dei diritti dei minori, soprattutto dei più vulnerabili, senza lasciare in secondo piano il loro benessere economico, il diritto ad un’abitazione dignitosa, alla salute, ad un’istruzione di qualità e a coltivare le proprie aspirazioni, i propri talenti. Non solo, qualsiasi decisione di spesa in deficit presa da un governo si scaricherà sulle generazioni future espandendo il debito pubblico se non si provvede ad una corrispondente misura per aumentare le entrate e quindi anche per redistribuire risorse.

Per questo motivo, ad esempio, una misura importante che investe ingenti risorse a sostegno dei redditi delle persone in povertà, come il Reddito di Cittadinanza, dovrebbe mettere al centro i diritti dei minorenni, non solo perché negli ultimi anni sono diventati la fascia più povera della popolazione, ma soprattutto perché “crescere in condizione di povertà ha effetti di breve e lungo periodo sulla salute e sulla possibilità di sviluppare appieno le proprie capacità”, come scrive Chiara Saraceno in un’analisi della nuova misura. “Una misura di contrasto alla povertà, perciò, dovrebbe valutare con attenzione i loro bisogni sia per quanto riguarda la parte monetaria del sostegno, sia per quanto riguarda le attività e i servizi di accompagnamento e integrazione sociale.” La professoressa Saraceno ricorda a tale proposito come, in Germania, la Corte Costituzionale abbia imposto che la misura di sostegno al reddito dovesse includere nel beneficio economico una quota per garantire ai bambini beneficiari di frequentare corsi formativi, di musica, sport, arte, cultura. In pratica, quella che Save the Children chiama “dote educativa” nei suoi programmi di contrasto alla povertà educativa. In questa prospettiva abbiamo proposto un emendamento al decreto sul Reddito di Cittadinanza per introdurre una dote educativa per i bambini e gli adolescenti cui spetta il sostegno, che potrebbe essere finanziata con fondi strutturali europei tuttora disponibili. Abbiamo anche proposto di rimodulare la scala di equivalenza utilizzata per calcolare il beneficio diretto innalzando il parametro per ciascun componente minorenne da 0,2 a 0,4 e il parametro massimo da 2,1 a 2,8.

Ma torniamo a quanto scrive il Comitato ONU e alle Raccomandazioni che rivolge allo Stato italiano: innanzitutto raccomanda all’Italia di valutare l’impatto della crisi sui minori e formulare una strategia per contrastare gli effetti negativi da essa prodotti, soprattutto sui bambini in contesti svantaggiati e marginalizzati. Con questo obiettivo, continua il Comitato, occorre che lo Stato dedichi specifiche e adeguate risorse – umane, finanziarie e tecnico-amministrative – a tutti i livelli di governo. Non solo, è poi fondamentale, per affrontare carenze e criticità che colpiscono i minori, coinvolgere la società civile, le comunità e i minori stessi nelle scelte economiche di allocazione delle risorse. Così come è indispensabile che siano condotte valutazioni regolari delle misure economiche adottate, e che fin dal processo di formulazione dei bilanci (partendo dal Documento di Economia e Finanza, fino alla Legge di Bilancio annuale) siano introdotti specifici indicatori e un sistema di monitoraggio ad ampio raggio in grado di rilevare l’impatto sui minori delle misure programmate in tutti i settori e ambiti.

Non possiamo non osservare che se tutti questi meccanismi richiamati dal Comitato ONU fossero già funzionanti nelle dinamiche decisionali di allocazione delle risorse economiche e di formulazione dei bilanci, anche il Reddito di Cittadinanza avrebbe prestato maggiori attenzioni ai bisogni e ai diritti dei minori, destinando risorse appropriate e specifiche alle famiglie con figli, ai bambini e agli adolescenti.