Tra i tanti minori migranti non accompagnati che arrivano in Italia, la storia di Denis raccolta nel progetto “Shtëpia, Casa” da Codici Ricerca e Intervento e QCodeMag.

Intervista a Andrea Rampini, Codici Ricerca e Intervento.
  • Perché realizzare un progetto incentrato solo sulla storia di Denis, invece di una ricerca sui tanti minori migranti non accompagnati?

Crediamo che per conoscere fenomeni complessi siano necessarie tante chiavi di lettura: sono fondamentali i dati, l’analisi statistica, le mappe degli itinerari delle migrazioni, i sistemi di accoglienza, gli scenari di economia e geopolitica. Ma è anche importante conoscere le storie di vita, specialmente dei ragazzi. Questi approfondimenti ci ricordano che ogni storia è diversa dalle altre e che, oltre allo sguardo d’insieme, è importante riservare la giusta attenzione alle singole persone. Ecco perché abbiamo deciso di affiancare Denis nel suo viaggio di ritorno a casa, in Albania. Assieme alla sua storia abbiamo raccolto altre narrazioni; attraverso i podcast, il reportage fotografico e giornalistico e la ricerca-azione sul campo abbiamo avuto l’occasione di conoscere molti altri ragazzi e ragazze nati e cresciuti in Albania che, pur non viaggiando fisicamente con noi, ci hanno condotti ed accompagnati virtualmente a visitare i loro paesi di origine ed incontrare le persone a loro care. Il percorso di ricerca-azione è infatti cominciato a Milano, con una serie di interviste e di scatti fotografici che sono stati portati in Albania nella tappa seguente del viaggio.

Grazie a queste scelte abbiamo ricostruito tutto quello che c’è al di là del confine italiano prima della vicenda migratoria, cosa rara per chi fa ricerca in campo sociale. Generalmente il modo di analizzare e interpretare il tema della migrazione dei minori non accompagnati è italico-centrico: ci si concentra su quanto accade varcato il confine nazionale. Ricostruire la storia di Denis e ripercorrere con lui il viaggio tra l’Italia e l’Albania ci ha dato molti spunti di riflessione sulle politiche di accoglienza.

L’incontro con Denis è frutto di una serie di scelte di campo, ma anche di fortuna. Innanzitutto abbiamo scelto come terra di provenienza l’Albania, sia per un criterio pragmatico di raggiungibilità in epoca pandemica, sia soprattutto perché l’Albania, nonostante una storia di ondate migratorie risalente a più di 30 anni fa, ha mantenuto negli anni un flusso significativo di minori non accompagnati.  Siamo arrivati a Denis dopo aver conosciuto tanti ragazzi; lui ha abbracciato in pieno il nostro progetto e si è reso disponibile a ritornare a casa accompagnato da un gruppo che vedeva la partecipazione di una mediatrice, un fotoreporter, un giornalista, una ricercatrice e un ricercatore. Denis è stato una vera sorpresa: sebbene sia una persona riservata, incredibilmente sensibile, silenziosa e riflessiva, ci ha reso partecipi della sua storia, con grande disponibilità, scegliendo con grande cura ogni parola usata. Ne è uscito un racconto intimo, denso, articolato e profondo.

  • Cosa insegna alle Organizzazioni che operano sul territorio e alle Istituzioni la storia di Denis?

Insegna che le vite delle persone si sviluppano nonostante i confini tracciati dalla politica. Dobbiamo fare i conti con la dimensione transnazionale dell’esperienza delle persone che arrivano nel nostro paese. Dobbiamo dotarci di chiavi di lettura, alleanze educative e strumenti di servizio sociale efficaci per affrontare sempre meglio l’accoglienza delle e dei minori non accompagnati.

Come può migliorare il sistema di accoglienza delle persone minorenni? Innanzitutto un aspetto a cui dare attenzione riguarda le modalità di ingresso in Italia. Tante e tanti minori si affidano al sistema dell’informalità e dell’illegalità per arrivare nel nostro paese, con tutti i rischi che ne derivano. È importante costruire strumenti e corridoi per rendere accessibili e sostenibili i percorsi di mobilità, in collaborazione con le famiglie. Bisogna sottrarre i minori dalle maglie dei sistemi criminali e lavorare per migrazioni sicure e serene.

In secondo luogo si deve garantire il mantenimento dei legami parentali e relazionali per loro significativi. Nel sistema italiano, una volta codificato la/il minore come non accompagnato, tutto ciò che è oltre il confine italiano spesso viene tagliato fuori. Si creano in questo modo strappi, traumi e sofferenze. La storia di Denis ci conferma che i contatti con le persone care sono fondamentali, nonostante la loro scelta di lasciare il paese di origine. Per Denis è stato molto importante mantenere il legame con la mamma e i nonni in Albania, ma anche lo zio e i cugini in Germania. Queste persone fanno parte della costellazione affettiva e relazionale di Denis.

Infine occorre fare attenzione al momento di uscita dei minori al compimento del diciottesimo anno di età dal sistema di protezione che le politiche europee e nazionali hanno costruito e questo vale anche per quelle/i che usufruiscono del prosieguo amministrativo fino ai 21 anni. Dovrebbe essere dedicata molta attenzione alla fase di acquisizione dell’autonomia che deve essere un significativo momento di ripartenza.

In sintesi occorre lavorare per garantire alle e ai minori non accompagnati migrazioni sicure, il mantenimento di legami significativi, un adeguato accompagnamento nei percorsi di uscita dal sistema di protezione.

  • Il titolo del progetto è molto significativo: Shtëpia, che significa casa. A quale casa ci si riferisce? Al legame forte e imperituro dei minori con la loro terra di origine oppure alle nuove radici messe in Italia?

Le persone con background migratorio possono avere molte case: Denis ha una casa in Albania con la madre e i nonni, una casa nuova in Italia, una casa in Germania dove è stato questa estate per la prima volta a trovare zii e cugini. Ad ogni casa sono collegati affetti, ricordi e rappresentazioni idealizzate. Il momento del ritorno di Denis nella casa dove era nato è stato molto impegnativo ed emozionante. Sono tante le cose che ha trovato immutate, ma altrettante quelle nuove. Le case si trasformano nel tempo e ogni volta che i ragazzi ritornano devono ricostruire i legami.

Ciò che si deve evitare è chiedere di scegliere tra le diverse case e luoghi: devono essere libere/i di rincorrere le opportunità ed il loro futuro, senza necessariamente recidere i contatti con il loro passato. Buoni ponti con i loro affetti lontani aiutano ad affrontare il futuro più serenamente.

Denis, che inizialmente voleva fare il percorso infermieristico, probabilmente studierà medicina perché ha capito che forse l’Italia, ma anche la sua famiglia, lo aiuteranno. L’augurio è che continui ad incontrare persone che gli stiano accanto e lo accompagnino con affetto. Tutti i ragazzi che trovano questa accoglienza procedono veloci verso il loro futuro.

 

Per maggiori informazioni:

www.shtepia-casa.it/

www.di-tu.it/it