In Italia la questione abitativa è ormai esplosiva: 2 milioni di appartamenti sfitti, 650 mila famiglie iscritte da anni alle graduatorie per un alloggio di residenza pubblica, almeno altrettanti nuclei che versano in situazioni di estremo bisogno o sotto sfratto. Secondo l’indagine Eu-Silc (di Eurostat), in Italia il 9% della popolazione e il 14% dei minori sarebbero afflitti da una condizione di “disagio abitativo grave”, percentuali altissime per la seconda economia industriale europea (basti pensare che in Germania e Francia solo il 2% della popolazione versa in tale condizione).
Gli altri paesi europei, d’altro canto, investono molto di più nelle politiche abitative e hanno saputo disegnare interventi coordinati e coerenti negli ultimi decenni per evitare alle famiglie di trovarsi in grave disagio, o sotto sfratto per morosità incolpevole, o in tale emergenza da dover occupare alloggi di edilizia popolare, o edifici in disuso, abbandonati, in condizioni disumane. Solo nel 2017, il 90% delle quasi 60 mila sentenze di sfratto erano per “morosità incolpevole”, 32 mila sono stati eseguiti con la forza pubblica. Una situazione di grave sofferenza sociale che molto spesso si ‘scarica’ sulle periferie. Un ripiegamento ‘su tutta la linea’ delle politiche abitative, che tra sfratti e sgomberi ha condannato moltissimi bambini a convivere con il trauma dell’allontanamento da casa, alla ricerca di un rifugio da parenti o in alloggi di fortuna, separati a volte da uno dei genitori, dagli amici, dalla scuola, dai giochi.
Negli ultimi anni, troppi minorenni hanno attraversato questo percorso traumatico e anche la Garante per l’infanzia e l’adolescenza Filomena Albano è intervenuta scrivendo al ministero dell’Interno, all’Anci e alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome a proposito degli sgomberi per occupazione arbitraria di immobili in corso in varie località d’Italia. L’Autorità ha raccomandato sia garantito a bambini e ragazzi il diritto all’unità familiare, alla sicurezza sociale, legata alla disponibilità di un’abitazione alternativa adeguata, alla tutela della loro salute e del loro interesse alla continuità scolastica.
Neppure Milano, una delle città più prospere e ben amministrate d’Europa, sfugge a situazioni di emergenza abitativa. I quartieri di vecchia edilizia residenziale pubblica (ERP), costruiti su ampia scala prima e dopo la Guerra, come il Giambellino, hanno visto nei decenni alternarsi gli operai d’anteguerra, gli immigrati meridionali degli anni del boom e, negli ultimi venti anni, i migranti stranieri. Un modello di intervento che con il passare del tempo ha rivelato tutti i suoi limiti, concentrando da un lato la sofferenza e l’esclusione sociale, dall’altro fallendo in molti casi nelle politiche e negli interventi di assegnazione, gestione e manutenzione del patrimonio ERP, che versa spesso in cattivo stato di conservazione e sottoutilizzato. La gestione delle case ERP del quartiere Giambellino-Lorenteggio (31 caseggiati, 2677 alloggi, di cui 916 non assegnati e lasciati vuoti da Aler) compete ad Aler, quindi alla regione Lombardia. La mancanza di interventi di manutenzione degli immobili e degli spazi nelle aree di edilizia popolare ha prodotto uno stato di degrado e abbandono in alcuni caseggiati fino a renderli luoghi di desolazione, sporcizia, luoghi pericolosi e insalubri. Cinque di questi caseggiati sono stati ‘selezionati’ per un intervento di riqualificazione finanziato da fondi europei per 60 milioni di euro, proprio per il loro stato di abbandono e la concentrazione di disagio e conflittualità. Nel febbraio 2017, Aler, regione Lombardia e comune di Milano hanno sottoscritto un accordo per gestire lo spostamento delle famiglie (quasi tutte con bambini), perché il progetto prevede l’abbattimento degli edifici. Alcune famiglie sono regolari assegnatarie, ma altre hanno semplicemente occupato le case vuote e degradate, non avendo alternative. Per ritardi e ostacoli di vario tipo, finora hanno abbattuto solo un edificio su tre, del caseggiato di V. Lorenteggio 181: le famiglie assegnatarie sono state sistemate in altri alloggi anche in altri quartieri, delle 11 famiglie ‘irregolari’, 2 sono state regolarizzate, altre sono state abbandonate al loro destino. Nelle due palazzine rimaste, regna la paura di perdere la casa ma anche un disagio grave per le condizioni limite in cui è ridotto lo spazio comune, così come critiche sono le condizioni degli alloggi al loro interno. L’8 dicembre in un appartamento all’ultimo piano è scoppiato un incendio, ma neanche questo ha smosso Aler, regione e Comune di Milano ad intervenire per trovare un alloggio alternativo a queste famiglie.
Famiglie con molti minorenni, per lo più di origine migrante, il cui destino non trova spazio nell’azione amministrativa e politica di regione e comune. Famiglie di cui si occupano da anni volontari e associazioni della Rete territoriale Giambellino, che ha prodotto questo video senza retorica e con molta chiarezza per spiegare a tutti cosa accade a qualche chilometro dal centro. Nel frattempo, i ritardi nel piano di riqualificazione hanno già fatto perdere 1,8 milioni di euro da restituire all’Europa.
Qui puoi vedere il video realizzato dal Laboratorio di Quartiere Giambellino Lorenteggio per denunciare la situazione dello stabile popolare di via Giambellino 181.
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