La testimonianza positiva di un nucleo familiare utente del Punto Luce di Roma nella procedura di rinnovo del permesso di soggiorno con residenza fittizia in via Modesta Valenti.

Nel mese di gennaio 2020 presso lo Spazio Mamme del Punto Luce a Roma, si è rivolto allo sportello di orientamento legale di Save the Children un nucleo familiare nigeriano composto da madre e due figli minorenni, che aveva appena ricevuto dalla Questura di Roma un preavviso di rigetto in merito alla propria richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, in quanto residente presso l’indirizzo c.d. “fittizio” di via Modesta Valenti.

Ancora frequente è infatti la prassi illegittima di molte Questure italiane di rigettare le istanze di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno in mancanza di un indirizzo di residenza c.d. reale.

Si tratta di un problema particolarmente rilevante, soprattutto per coloro che, per differenti ragioni – ad es. per problemi economici o di instabilità alloggiativa o ancora di inerzia da parte dei proprietari di casa – non riescono a ottenere la residenza nel proprio luogo di domicilio oppure si ritrovano a essere, anche momentaneamente, senza fissa dimora. In tutti questi casi – per adempiere comunque all’obbligo di iscrizione anagrafica – è frequente la richiesta di residenza presso indirizzi fittizi istituiti appositamente nei territori comunali. La c.d. residenza fittizia o virtuale è infatti un istituto che, da un lato, mira a registrare tutte le persone che vivono stabilmente in un determinato territorio, e dall’altro lato, intende limitare l’esclusione delle persone – straniere e non – che già si trovano a rischio di emarginazione sociale e che senza la residenza sarebbero impossibilitate nell’esercizio di diritti fondamentali o nell’accesso a molti servizi essenziali (ad es. rilascio della carta d’identità, iscrizione al SSN, assegnazione del medico di base, erogazione di pensioni o prestazioni assistenziali e sociali, accesso alle graduatorie per l’assegnazione di alloggi pubblici,  ricezione della corrispondenza postale, etc.).

Nel caso specifico degli stranieri non residenti o con residenza fittizia, inoltre, negare il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno significa di fatto condannare gli stessi a rimanere in una situazione di precarietà e insicurezza con l’aggravante di una condizione di irregolarità amministrativa che non consente neppure di svolgere attività lavorativa e quindi di raggiungere un’autonomia economica e adeguati mezzi di sostentamento.

Pertanto, a supporto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per il nucleo familiare nigeriano utente del Punto Luce, lo sportello legale dell’Organizzazione ha prodotto una memoria in risposta alla comunicazione ex art. 10 bis L. 241/90 per sottolineare l’illegittimità della pretesa di una residenza c.d. reale a fronte di quella fittizia posseduta dalla richiedente e per ribadire la sussistenza nel caso in esame di tutti i requisiti di legge prescritti al fine del rinnovo del titolo di soggiorno.

In particolare, si è fatto presente come la possibilità di iscrizione anagrafica di persone che non hanno fissa dimora sia prevista esplicitamente dalla legge 24 dicembre 1954 n. 1228 (ordinamento della popolazione residente), la quale subordina l’iscrizione di persona “senza fissa dimora” all’elezione di domicilio nel Comune medesimo. In particolare, la legge, nel disciplinare in generale l’anagrafe della popolazione residente contempla la possibilità che in esso siano registrati, oltre ai cittadini che hanno fissato la propria dimora abituale nel Comune anche la posizione relativa alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel Comune il proprio domicilio (art. 2 della legge citata: “la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel Comune ove ha il domicilio”), laddove il termine “domicilio” va inteso in senso ampio, come “il  luogo in cui la persona concentra la generalità dei propri interessi” (Cass. Civ. 20 luglio 1999, n. 775).

Invero, l’iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora, che eleggono domicilio nel Comune, è un diritto soggettivo perfetto (sul punto anche la circolare del Ministero dell’Interno del 29 maggio 1995, n. 8 e autorevole giurisprudenza: Trib. Milano, sent. n. 10257 del 2.6.2003; Consiglio di Stato, IV, 18 gennaio 1990, n. 14; T.A.R. Lombardia – Sezione III – Sentenza 1° dicembre 2003, n. 5463; Cass. Civ. Sez. Un., n. 449, del 19.6.2000).

Nel caso specifico del Comune di Roma, proprio al fine di permettere l’accesso ai diritti connessi alla residenza in un determinato territorio comunale, la Giunta Comunale Capitolina, con deliberazione n. 84 del 26 febbraio 2002 (poi modificata dalle delibere n. 11 dell’11 marzo 2013 e n. 31 del 3 marzo 2017), ha istituito la posizione anagrafica “Via Modesta Valenti”, per le persone senza fissa dimora presenti abitualmente su territorio comunale.

Peraltro, è noto che ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno è richiesta la sola effettiva dimora e non anche l’iscrizione anagrafica, tranne in casi specifici e tassativamente previsti dalla norma. Difatti, ai sensi dell’art. 5, co. 4, del d.lgs. 286/98: “il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al Questore della provincia in cui dimora, almeno 60 giorni prima della scadenza ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente TU”. Le “condizioni” cui fa riferimento tale disposizione sono quelle individuate dall’art. 9 del DPR 394/99, regolamento di attuazione del TUI, nello specifico dai commi 3 e 4, in cui non si menziona in nessun caso la residenza. Inoltre, dato che tra le condizioni richieste per il regolare ingresso non può esservi l’iscrizione anagrafica e, di conseguenza la residenza anagrafica (requisito impossibile a chi varca la frontiera senza ancora avere potuto chiedere il rilascio del primo permesso di soggiorno), questa non può essere pretesa, in mancanza di altra esplicita prescrizione, nel momento del rinnovo del permesso di soggiorno. Tale tesi viene altresì avvalorata da una circolare del Ministero dell’Interno del 18.05.2015 e da una recente sentenza del Consiglio di Stato che, in tema di rinnovo del permesso di soggiorno, ha dichiarato che “La residenza anagrafica non sarebbe prevista da alcuna norma come requisito necessario ai fini del rinnovo (…)” (Consiglio di Stato, sentenza n. 2830 dell’11 maggio 2018) nonché da moltissime altre pronunce che anche recentemente hanno ribadito che la residenza c.d. fittizia è del tutto equiparata a quella c.d. reale e che la stessa non è tra i requisiti per il rinnovo del permesso di soggiorno (tra gli altri, Tribunale di Roma: decreto del 28.05.2019, R.G. n. 26431/2019; decreto del 24.09.2019, R.G. n. 52401/2019; decreto del 18.09.2019, R.G. n. 52399/2019; ordinanza del 22.08.2018; ordinanza del 16.01.2017; ordinanza del 12.10.2016).

Quindi, anche in considerazione di quanto disposto dalle norme di settore, è il titolo di soggiorno rilasciato dal Questore del luogo di dimora dello straniero il presupposto per l’iscrizione anagrafica del soggetto e non il contrario. Infatti, ciò che è necessario e sembra essere richiesto dalla Pubblica Amministrazione ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno è la prova dell’effettiva dimora dello straniero sul territorio romano, che si estrinseca, sostanzialmente, in due elementi: la presenza legale della persona sul territorio e la soggettiva progettualità di rimanervi.

Nel caso del nucleo familiare utente del Punto Luce romano, dopo aver dimostrato anche con attestazioni documentali che la cittadina straniera e i suoi due figli minori fossero in possesso di residenza – sebbene fittizia – e soprattutto domiciliati e dunque presenti in maniera stabile e continuativa nel territorio di Roma, si è insistito per il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo il quale, fortunatamente, dopo pochi mesi è stato rilasciato senza ulteriori indugi dalla Questura.

L’auspicio è che questa testimonianza non sia altro che la conferma del consolidarsi di una nuova e buona prassi che sia non solo conforme alle norme poste in materia di iscrizione anagrafica e immigrazione ma anche maggiormente a tutela dei diritti fondamentali delle persone più vulnerabili e a rischio di marginalizzazione.

Federica Remiddi, consulente legale a Roma