A oltre un anno dall’entrata in vigore della Legge Zampa, l’Ufficio della Garante dei Diritti per l’Infanzia e l’Adolescenza del comune di Milano, in collaborazione con l’Università degli studi di Milano-Bicocca e UNICEF1, ha condotto un progetto pilota di monitoraggio della figura del tutore volontario. L’obiettivo è quello di individuare un generico profilo del soggetto che si propone di isolare criticità e problematiche della figura del tutore, nonché individuarne i punti di forza e suggerire possibili migliorie da apportare al sistema di tutela volontaria.
Per la raccolta delle informazioni, nel periodo di settembre-novembre 2018, sono state condotte interviste individuali su un campione di 15 tutori volontari nominati o in attesa di nomina, ai quali è stato sottoposto un apposito questionario di 27 domande, di cui 15 generali e 12 specifiche per i tutori nominati.
I risultati riportano che ben l’87% dei tutori è di sesso femminile e l’80% ha un’età compresa tre i 50 e i 70 anni.
Il 53% degli intervistati non è sposato e non convive e circa la metà dei tutori volontari è rappresentata da pensionati o liberi professionisti, in grado di gestire con maggior flessibilità il proprio tempo.
Circa la metà degli intervistati vede come un ostacolo la mancanza di permessi lavorativi, in quanto una buona parte del lavoro del tutore viene occupata da attività burocratiche, che richiedono molto tempo e orari rigidi
Le criticità riferite dalla maggior parte degli intervistati riguardano i tempi lunghi per il processo di selezione e formazione e la necessità di avere dei referenti preparati a cui rivolgersi di fronte a problemi concreti.
Interessanti anche i dati sulle lingue conosciute dai volontari. La quasi totalità di loro parla inglese, ma il 66% di loro parla anche francese.
Per quanto riguarda invece la motivazione che li ha spinti a proporsi per questo ruolo l’80% di loro ha detto di averlo fatto per dovere civico, per aiutare e rendersi utili. Altri perché trovano molto interessante lo scambio interculturale o per il desiderio di lavorare nel sociale.
Nonostante le problematiche sollevate, i tutori intervistati hanno anche sottolineato alcuni punti di forza di questa figura.
In primo luogo, la volontarietà della figura di tutore, che fa sì che si abbiano persone fortemente motivate.
In secondo luogo, la non appartenenza del tutore a un’istituzione, il che lo rende una figura adulta di riferimento libera da vincoli e con maggiori opportunità e capacità di stabilire un rapporto diretto e personalizzato con il minore.
È una figura completa, che può coprire diversi aspetti, da quelli giuridici a quelli affettivi.
Infine, il tutore volontario vive sul territorio nel quale anche il minore si trova ed è parte di una rete che può essere d’aiuto per l’integrazione del minore, anche con prospettive di lavoro dopo la maggiore età.
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