“Gli italiani e la povertà educativa minorile”. Un’indagine sulle percezioni dell’opinione pubblica in tema di povertà educativa minorile, per verificare la consapevolezza dei cittadini e le sensibilità da far maturare.
L’indagine demoscopica è stata condotta dall’Istituto Demopolis per l’impresa sociale Con i Bambini, nata per attuare i programmi del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile (istituito nel 2016 e confermato con la legge di Bilancio 2019). L’indagine ha coinvolto un campione di 3.600 intervistati, statisticamente rappresentativo dell’universo della popolazione italiana maggiorenne, stratificato per aree geografiche di residenza, genere e fascia di età. I risultati sono stati presentanti nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Roma presso la sede di Acri il 18 novembre scorso.
Carlo Borgomeo, Presidente di Con i Bambini, ha commentato “il fatto che per la quasi totalità degli intervistati la povertà educativa minorile sia un fenomeno grave e che incide direttamente sullo sviluppo del Paese ci fa capire che (…) il livello di preoccupazione sulla dimensione del problema è ampiamente diffuso e sentito”.
Ha poi asserito “Credere però che sia un fenomeno che riguarda solo il Sud o gli adolescenti è un errore prospettico: la povertà educativa (…) riguarda tutto il Paese e intacca il futuro dei ragazzi già dalla prima infanzia. E’ proprio da qui che dovremmo affrontare e che affrontiamo il fenomeno”.
Dichiarazioni significative, soprattutto se rapportate agli esiti dell’indagine che sembrano non intercettarle.
Alla domanda “che cosa determina la condizione di povertà educativa dei minori”, il mancato accesso ad asili nido e servizi per la prima infanzia è all’ultimo posto tra le possibili risposte.
Di nuovo, alla domanda “quali strumenti e servizi potrebbero incidere positivamente sulla crescita di bambini e ragazzi in Italia “, il maggiore accesso ad asili nido e servizi per la prima infanzia si conferma all’’ultimo posto.
E allora non sorprende affatto che chiedendo “quali delle seguenti esperienze i suoi figli hanno fatto o stanno facendo” oltre l’80% abbia risposto negativamente rispetto alla frequentazione dell’asilo nido, risultando come l’esperienza meno sperimentata tra quelle proposte.
Emerge una distanza palpabile tra realtà e percezione. Una realtà del resto confermata anche da Save the Children.
Attraverso i risultati condivisi nell’ambito del rapporto “Il miglior inizio. Disuguaglianza e opportunità nei primi anni di vita”, l’Organizzazione ha sottolineato come il mancato accesso agli asili nido, assieme all’assenza di tempo di qualità trascorso con i genitori, rappresenti uno dei fattori chiave che amplia il fenomeno della povertà educativa.
Come si legge nell’indagine “appena un quarto degli italiani cita il mancato accesso agli asili nido ed ai servizi per l’infanzia. Quest’ultimo dato sintetizza l’errore prospettico dell’opinione pubblica rispetto alle dinamiche dell’infanzia e dell’adolescenza: le apprensioni dei cittadini si focalizzano sull’evoluzione emergenziale del fenomeno, sui casi estremi in cui gli esiti della povertà educativa, negli anni dell’adolescenza, si manifestano in fenomeni di violenza, dipendenze o fallimenti scolastici”.
Oggi l’offerta pubblica di servizi per l’infanzia e quella privata raggiungono insieme appena il 24% dei bambini. Risulta dunque fondamentale garantire un’educazione della prima infanzia che sia di qualità, non solo promuovendo un modello di genitorialità attiva, ma soprattutto ampliando le opportunità di accesso agli asili nido.
Solo così saremo in grado di scongiurare il tempo perduto dei bambini.
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