Nella sua 7° edizione, il rapporto “Le equilibriste. La maternità in Italia 2022” di Save the Children riporta la situazione delle donne e in particolare delle mamme equilibriste tra gli ostacoli del lavoro, gender gap e precarietà, mancanza di servizi e conciliazione
In Italia sono circa 6 milioni le mamme “equilibriste” divise tra vita familiare e lavorativa, una condizione che riflette la precarietà del lavoro femminile e le scelte legate alla maternità. Come evidenziato dal rapporto “Le equilibriste. La maternità in Italia 2022”, cala infatti ancora il tasso di natalità, aumenta l’età media delle donne al primo parto che raggiunge i 32,4 anni, e diminuisce il numero di figli con una media di 1,25 per donna. D’altra parte, il 42,6% delle madri tra i 25 e il 54 anni rinuncia a lavorare a causa degli impegni familiari, con un divario di più di 30 punti percentuali rispetto ai loro compagni. Anche laddove il lavoro sia stato conservato, molto spesso si tratta di un contratto part-time e raramente di un tempo indeterminato. Allarmante è anche il dato riportato sulle dimissioni: solo nel 2020 sono state più di 30mila le donne con figli che hanno rassegnato le dimissioni, spesso per motivi familiari anche perché non supportate da adeguati servizi sul territorio.
Lo scenario delineato nel Rapporto Mamme indica un mancato sostegno pubblico alle madri che affonda le sue radici nelle pesanti disparità di genere in Italia, che prescindono dalla decisione delle donne di avere dei figli. Le donne sono “le ultime ad entrate, le prime ad uscire” dal mercato del lavoro, e quando prende forma la decisione di avere un figlio, diviene ancora più larga la forbice salariale tra donne e uomini, oltre alle penalizzazioni che la maternità porta con sé (“motherhood penalty” o “child penalty gap”). Un’ingiustizia di genere fortemente inasprita anche dalla recessione causata della pandemia che ha aggravato le diseguaglianze sociali, economiche ed educative, pesando in modo consistente sulle donne e sulle madri, tanto da parlare di “shecession” o ancor più di “momcession”. Diseguaglianze che si riflettono anche a livello territoriale come dimostrato dal Mother Index, elaborato dall’ISTAT per Save the Children, che identifica le Regioni che si impegnano, a diverso livello, a sostenere la maternità in Italia in tre diverse aree: quella della cura, del lavoro, e dei servizi. Secondo l’Indice, anche quest’anno, sono le regioni del Nord ad essere più mother friendly, grazie ad una maggiore attenzione alle condizioni socio-economiche delle donne e uno sforzo maggiore nell’investimento sul welfare sociale.
Nel corso dell’ultimo anno sono stati compiuti diversi progressi in termini di politiche e servizi a favore dell’infanzia e dell’occupazione delle madri, come l’indicazione di un Livello Essenziale delle Prestazioni del 33%, l’adozione delle Linee Guida Pedagogiche per il Sistema Integrato zerosei e l’istituzione di un Fondo Nazionale per lo sviluppo di questo sistema. A queste novità, si aggiungono anche la misura dell’Assegno Unico e Universale, la stabilizzazione del congedo parentale, l’introduzione del Family Act, di cui si attendono in tempi brevi i decreti attuativi, e i Fondi PNRR destinati alla costruzione o ristrutturazione di asili nido e scuole dell’infanzia.
Rimangono tuttavia numerosi i progressi necessari per un vero equilibrio, a partire da iniziative di sensibilizzazione culturale e misure di riequilibrio dei carichi familiari, quali l’adozione di un congedo di paternità obbligatorio di almeno 3 mesi. Serve un sistema di welfare in grado di fornire garanzie ai giovani che desiderano avere figli e ai neo-genitori per “ammortizzare” i rischi di povertà e favorire la conciliazione di vita-lavoro. In particolare, è necessario favorire l’occupazione femminile e delle madri, rafforzando il sistema di tutela delle lavoratrici, sanzionando i fenomeni di mancato accesso o espulsione dal mercato del lavoro per motivi legati alla maternità, promuovendo l’adozione di strumenti di conciliazione, la flessibilità degli orari e il lavoro agile al fine di contrastare le diseguaglianze e i fenomeni di segregazione orizzontale, differenziale salariale e segregazione verticale, con riconoscimenti per le aziende che offrono alti standard di welfare familiare.
Al contempo, la disponibilità di servizi socio-educativi per la prima infanzia favorisce l’occupazione delle madri per cui è indispensabile garantire che questi servizi diventino un diritto esigibile di tutti i bambini, rafforzando la rete degli asili nido, a partire dai territori più deprivati, e assicurando la necessaria copertura dei posti, adeguati standard qualitativi e condizioni di accessibilità eque e compatibili con le potenzialità di spesa delle famiglie. Risorse e supporto ai Comuni in tal senso sono necessari per un maggior riequilibrio territoriale e sociale.
Sostenere la genitorialità significa anche garantire un accompagnamento durante il percorso nascita e nei primi mille giorni, fondamentali per lo sviluppo, tramite l’implementazione a livello comunale dei LEA, l’assegnazione del pediatra alla nascita, e un’assistenza domiciliare post-parto. Misure di sostegno alla genitorialità che devono essere bilanciate con adeguate misure di contrasto alla povertà.
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