Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza del 26.09.2016 n. 18846
È obbligatorio ascoltare l’opinione del figlio minore al fine di verificare se si oppone al rientro, prima di ordinarne la restituzione al genitore al quale è stato sottratto.
Questa affermazione della Corte Suprema di Cassazione fa riferimento al principio previsto dall’articolo 13 della Convenzione dell’Aja il 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. Questo articolo prevede in quali circostanze l’autorità giudiziaria o amministrativa possa rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore.
La manifestazione chiara della volontà del minore non può essere disattesa senza un adeguato approfondimento. La Corte ha precisato che, nel caso permangano dubbi rispetto all’ordinare il rientro del minore e alla volontà dello stesso, il giudice deve approfondire autonomamente la conoscenza delle circostanze del caso concreto, anche con consulenza tecnica d’ufficio e le modalità di ascolto del minore più adeguate.
«Ove le risposte siano effettivamente indeterminate e non consentano di rilevare la volontà del minore può dirsi non integrata la condizione ostativa prevista dalla norma. Nell’ipotesi inversa, ad una chiara determinazione di volontà, non può opporsi una valutazione alternativa della relazione con il genitore con il quale il predetto minore dovrebbe vivere in esito al rientro, priva di un preciso ed autonomo giudizio prognostico che dalle ragioni del rifiuto prenda le mosse. Infine, in caso di permanenza del dubbio sull’integrazione delle due condizioni derogatorie dell’ordine di rientro, nonostante il rifiuto del minore, si deve procedere ad un approfondimento istruttorio autonomo anche mediante consulenza tecnica d’ufficio e modelli di ascolto del minore più adeguati».
Di qui il principio secondo il quale «il giudizio sull’insussistenza delle condizioni ostative al rientro indicate nell’art. 13 deve essere svolto in modo conforme ai parametri normativi di cui alla norma, verificando con precisione le ragioni dell’opposizione del minore, non potendo tale univoca manifestazione di volontà essere disattesa senza un autonomo approfondimento istruttorio, tanto più a fronte di un quadro diacronico della situazione paterna oggettivamente non privo di criticità e non caratterizzato da uno stabile e definitivo superamento delle numerose problematiche personali di quel genitore già accertate».
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