Bohrouz Boochani è un poeta iraniano di etnia curda, un giornalista e uno scrittore. E’ lui il vincitore di quest’anno del prestigioso Victorian Prize for Literature, premio del valore di 100.000 dollari che tuttavia non ha potuto ritirare di persona perché si trova confinato da anni sull’isola di Manus in Australia.
Nel 2013 Boochani, fuggito dal regime del suo paese in cerca di asilo politico, era stato arrestato dalla polizia mentre cercava di approdare via mare in Australia. Le ferree regole anti- immigrazione australiane prevedono infatti che chiunque tenti di entrare irregolarmente nel paese venga detenuto sulle isole di Nauru e Manus.
E’ proprio su quest’ultima che lo scrittore è costretto a vivere da ormai quasi sei anni, prima in un centro di detenzione e, successivamente alla sua chiusura nel 2017, in alloggi di fortuna. Nonostante infatti la struttura sia stata chiusa – anche a seguito alle accuse di violazione dei diritti umani mosse al Governo da parte di ONG e organismi internazionali– ai richiedenti asilo continua ad essere impedito di entrare in Australia, obbligandoli ad essere relegati in quella che oggi può essere definita un’enorme prigione a cielo aperto.
Nasce in questo contesto l’opera di Boochani, “No Friend But the Mountains: Writing from Manus Prison”. Un libro audace che racconta le condizioni in cui vivono i migranti confinati, il cui obiettivo principale, come ha spiegato l’autore “è sempre stato quello di far capire alle persone, in Australia e in tutto il mondo, come questo sistema abbia torturato persone innocenti a Manus e Nauru, in modo sistematico, per quasi sei anni“( leggi qui l’intervista integrale rilasciata al The Guardian).
Boochani, in un suo video postato il 31 gennaio 2019 in occasione della premiazione a cui non ha potuto essere presente fisicamente, ha rivelato che la genesi del suo libro è da ricercare nelle parole del funzionario dell’immigrazione che a seguito del suo fermo lo ha chiamato in ufficio per comunicargli che sarebbe stato esiliato sull’isola di Manus.
“Ho detto loro che sono uno scrittore. Quella stessa persona ha riso di me e ha ordinato alle guardie di esiliarmi su Manus. Ho tenuto quest’immagine nella mia mente per anni, anche mentre stavo scrivendo il mio romanzo […]. E ‘stato un atto di umiliazione. Quando sono arrivato a Manus, ho creato un’altra immagine per me stesso. Ho immaginato un romanziere in una prigione remota“.
Per la paura che il suo lavoro venisse distrutto dalle guardie che perquisivano periodicamente le stanze, il trentacinquenne ha per anni inviato messaggi su Whats App al suo amico Omid Tofighian, che li ha poi tradotti dal farsi con l’aiuto di Moones Mansoubi, le due persone che hanno ritirato formalmente il premio.
Al pari di quanto già tragicamente successo in passato, il libro di Boochani è un’opera che nasce dietro le reti e dentro i confini, destinata tuttavia a superarli. Come affermato dallo stesso autore “questo premio è una vittoria. È una vittoria non solo per noi, ma per la letteratura e l’arte e, soprattutto, è una vittoria per l’umanità. Una vittoria per gli esseri umani, per la dignità umana. Una vittoria contro un sistema che non ci ha mai riconosciuti come esseri umani. E’ una vittoria contro un sistema che ci ha ridotto a numeri“.
Per leggere la trascizione completa del video clicca qui:
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