1. La previsione legislativa

L’art. 31 del D. Lgs. 286/1998 (nel prosieguo anche TUI) dispone che “Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L’autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza”.

Il legislatore precisa espressamente come ciò possa avvenire anche in deroga alle altre disposizioni del TUI, introducendo così un’inversione della regola generale per cui il figlio segue la condizione giuridica del titolare della sua responsabilità genitoriale.

Si tratta di uno degli strumenti effettivi che, come emergerà anche dalla giurisprudenza richiamata, può garantire in concreto il rispetto dell’interesse superiore del minore e la tutela rafforzata dei suoi diritti fondamentali, sia della personalità, sia socio-economici, riconosciuti a vari livelli normativi, dalle convenzioni internazionali (Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989), dal diritto comunitario (Direttiva 2003/86/CE; Trattato di Lisbona, 2009) ed europeo (CEDU, 1950), dalla Carta costituzionale (artt. 2, 3, 10, 29, 30, 31, 32) e infine dalla stessa legislazione nazionale (art. 28, co. 3, TUI).

  1. Il contributo della giurisprudenza alla definizione dei gravi motivi

Sulla norma si è sviluppato sin dal principio un contrasto giurisprudenziale circa, in particolare, l’interpretazione dei gravi motivi intesi, alternativamente, come il ricorrere di una situazione di emergenza, a carattere eccezionale o contingente (non rinvenibile nelle ordinarie necessità di accompagnarne il processo d’integrazione ed il percorso educativo e presente in caso di problemi di salute del minore) o come il fatto di trovarsi in presenza di minori di tenerissima età, tenuto conto della grave compromissione e del sicuro danno all’equilibrio psico-fisico che determina in tale situazione l’allontanamento o la mancanza di uno dei genitori.

Le S.U. della Cassazione nel 2006 (sent. n. 22216/2006) hanno sancito che i gravi motivi vanno accertati dal Tribunale per i Minorenni come emergenza attuale solo nell’ipotesi di richiesta di autorizzazione all’ingresso del familiare nel territorio nazionale in deroga alla disciplina generale dell’immigrazione. Nel caso di richiesta di autorizzazione alla permanenza del familiare sul territorio italiano, la situazione eccezionale nella quale vanno ravvisati i gravi motivi può essere attuale, ma può anche essere dedotta quale conseguenza dell’allontanamento improvviso del familiare, cioè di una situazione futura ed eventuale rimessa dall’accertamento del giudice minorile. In ogni caso, le S.U. precisano che il grave pregiudizio per il minore va accertato in concreto, non essendo sufficiente la sua tenera età. Sul punto, la sentenza della Cassazione civile, Sez. I, del 2022 (n. 4496) aggiunge inoltre che “In tema di autorizzazione temporanea all’ingresso o alla permanenza nel territorio nazionale di uno dei genitori […] non è sufficiente ad integrare i presupposti per il rilascio dell’autorizzazione l’esigenza di tutelare la coesione familiare, ma è necessaria l’allegazione di un concreto pregiudizio che i minori rischino di subire per effetto dell’allontanamento del genitore.

Sempre la giurisprudenza di legittimità a S.U. nel 2010 (n. 21799/10) ha chiarito che i gravi motivi ricorrono non necessariamente in casi eccezionali strettamente connessi a problemi di salute del minore, ma anche laddove siano rinvenibili eventi traumatici che trascendano il normale disagio dovuto al rimpatrio, considerando sia il potenziale danno attuale, sia effettuando una valutazione prognostica. “La tecnica di normazione a clausola generale dell’art. 31 induce a comprendervi qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obbiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico deriva, o è altamente probabile, deriverà al minore, dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto.

  1. La valorizzazione dell’inserimento nel territorio nazionale

La sentenza della Cassazione Civile sez. I, nel 2023 (n. 22027) ha aggiunto che “La speciale autorizzazione resa dal tribunale per i minorenni all’ingresso o alla permanenza in Italia di un familiare del minore […] è volta a tutelare l’interesse di quest’ultimo […] dovendosi a tal fine tenere conto del radicamento della famiglia nel territorio nazionale, dello sforzo di inserimento sociale del familiare, del disagio psicofisico cui il minore sarebbe esposto in caso di distacco dal luogo in cui si trova il centro dei suoi interessi e relazioni, nonché della tenera età del minore.” Pertanto in sede di ricorso all’art. 31, oltre ad una valutazione prognostica del danno psico-fisico del minore in caso di allontanamento del genitore, bisogna tener conto anche dell’impegno nell’inserirsi nella società da parte della famiglia. L’integrazione del minore è utile a valutare la gravità del danno che questo subirebbe in caso di espulsione. Come chiarito nella sentenza della Cassazione civile, Sez. I, del 2022 (n. 25662), i fattori di integrazione sono quelli familiari, scolastici, relazionali e ambientali.

Si tratta di situazioni che non si prestano ad essere preventivamente catalogate e standardizzate, ma richiedono un’indagine svolta in modo individualizzato da parte di un organo specializzato, tenendo conto di ogni possibile variabile, come l’età, le condizioni di salute, la presenza o meno dell’altro genitore e la situazione della famiglia e di qualsiasi altro fattore idoneo a consentire l’operazione di corretto bilanciamento degli interessi in gioco.

  1. I familiari che possono essere autorizzati a restare sul territorio e la presenza di precedenti penali

Si consideri che, seppur nella maggioranza dei casi i familiari che ottengono l’autorizzazione ex art. 31 TUI sono i genitori, coerentemente alla norma, la giurisprudenza ha consentito sia la permanenza che l’ingresso anche di altri familiari, la cui presenza è stata ritenuta fondamentale per garantire la serena crescita e il corretto equilibrio psico-fisico dei minori considerati.

Allo stesso modo, è stata importante l’autorizzazione ai sensi dell’art. 31 TUI in casi in cui è lo stesso Tribunale per i Minorenni a richiedere (implicitamente) la permanenza sul territorio italiano di genitori stranieri privi di permesso di soggiorno, ma dei quali si stanno valutando le competenze genitoriali. In tali situazioni è cruciale per questi genitori poter accedere ai servizi essenziali così da essere seguiti, monitorati e supportati dal servizio sociale, nell’interesse dei minori coinvolti, evenienza che può attuarsi a pieno solo se soggiornanti in maniera regolare.

La sentenza della Cassazione civile, Sez. VI, del 2023 (n.5527) ha affermato che “Il diniego dell’autorizzazione a permanere in Italia per accudire le figlie minorenni non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna del genitore extracomunitario per uno dei reati che la norma considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero nel Paese. Tuttavia, la condanna è destinata a rilevare, al pari di altre attività incompatibili con la permanenza in Italia solo se suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale.” Viene in parte ripresa la Corte di legittimità a S.U. (15750/2019), la quale ha precisato che “la condanna […], può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con il suo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario, ma non assoluto”.

  1. Permesso ex art. 31 TUI e permesso di soggiorno ex art. 9 TUI

Per diversi anni vi è stato un contrasto giurisprudenziale sulla possibilità o meno di riconoscere ai titolari del pds ex art. 31 TUI. il diritto al rilascio del permesso di soggiorno UE per i soggiornanti di lungo periodo a norma dell’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (già carta di soggiorno) e per l’effetto diritto al soggiorno permanente sul territorio italiano.

Tale contrasto è stato risolto positivamente dal Parere del Consiglio di Stato n. 01707/2016: “Non è ravvisabile, alla luce del diritto dell’Unione europea […] una situazione di incompatibilità logica che precluda il rilascio di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo a chi abbia fatto iniziale ingresso nel territorio della Repubblica Italiana sulla base di un permesso di soggiorno per assistenza minori. […] l’Amministrazione potrebbe negare il rilascio all’interessato di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (ferma restando la necessità della sussistenza di tutti gli altri requisiti prescritti) soltanto ove dovessero risultare altre circostanze idonee a far ritenere con evidenza che il cittadino di un Paese terzo non abbia una reale intenzione di insediarsi stabilmente in Italia.

  1. La conversione del permesso ex art. 31 TUI

Tale disposizione ha assunto oggi ancora maggior interesse dopo alcune modifiche introdotte dal d.l. 130/2020 (c.d. Decreto Immigrazione e sicurezza) che ha integrato l’art. 6 TUI con le tipologie di permessi di soggiorno per cui è ammessa la conversione per motivi di lavoro, intervenendo in maniera incisiva con la previsione della convertibilità del permesso di soggiorno per assistenza minori ex art 31 TUI, prevista dall’art 6, comma 1 bis, lettera h). Inoltre, l’art. 32, co. 3.2, del d.lgs 25/2008 (attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato) è stato modificato con la previsione che “Nei casi in cui la domanda di protezione internazionale non è accolta e nel corso del procedimento emergono i presupposti di cui all’articolo 31, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la Commissione territoriale ne informa il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni competente, per l’eventuale attivazione delle misure di assistenza in favore del minore.

Scheda tematica redatta con il contributo degli allievi e delle allieve della Clinica legale in tema di immigrazione e asilo della Scuola Superiore Sant’Anna (a.a. 2023/2024).