A Trieste, in Friuli Venezia Giulia, la costante presenza di minori stranieri non accompagnati, provenienti soprattutto da Afghanistan, Pakistan, Bangladesh e Kosovo, ha spinto il Comune ad aprire un centro di pronta accoglienza attivo 24 ore su 24 dove i ragazzi che arrivano, indirizzati dalla Questura, vengono poi distribuiti nelle altre comunità convenzionate.
La scelta di incrementare i servizi di accoglienza già presenti sul territorio, è stata dovuta alla forte e costante presenza di minori stranieri non accompagnati che, in tutta la regione, sono stati durante l’anno appena trascorso quasi 800.
Eppure il numero degli arrivi via mare in Italia è fortemente diminuito fino a raggiungere nel 2019 una cifra che, se comparata con quelle degli anni passati, è irrisoria: al 1° marzo sono state registrate appena 262 richiedenti asilo, di cui solo 45 minori stranieri non accompagnati (Leggi qui i dati completi). Come giustificare quindi l’alto numero di minori stranieri soli in tale regione di confine?
I dati dell’ultimo anno. In linea con i dati relativi al secondo semestre del 2017, quelli relativi all’anno appena trascorso mostrano una battuta di arresto del fenomeno migratorio che coinvolge l’Italia, dovuta principalmente alla conclusione di accordi per il controllo dell’immigrazione irregolare con la Libia. I numeri ufficiali mostrano un decremento generale degli arrivi via mare nel 2018 dell’80% rispetto al 2017, con una riduzione del 78% di presenza di minori stranieri non accompagnati.
A ciò è conseguita, come prevedibile, una rapida compressione del numero di minori stranieri non accompagnati nelle strutture di accoglienza, che sono passati da 18.303 nel 2017 a soli 10.787 del 2018 (-41,06%) (Leggi qui i dati completi ).
Tuttavia, ad un’attenta analisi, quanto emerge dai dati relativi all’accoglienza è che parallelamente al flusso migratorio proveniente dalla Libia, ne esiste anche un altro che si snoda lungo quella che viene definita la c.d. “rotta balcanica”.
Ciò è dimostrabile, da una parte, col parziale cambiamento delle principali nazionalità dei minori oggi registrati a livello nazionale nei centri. Stiamo assistendo infatti ad un calo percentuale della presenza di alcune nazionalità africane che avevano dominato nell’ultimo triennio, in favore di altre provenienti dall’area continentale europea e mediorientale.
Dall’altra, quanto appena affermato, è intuibile anche dal fatto che in alcune regioni, come il Friuli Venezia Giulia, si continuano a registrare numeri di minori stranieri non accompagnati che restano molto alti. Tali presenze non sono giustificate, come nel caso della Calabria o della Sicilia, dall’essere direttamente interessate dalle traversate libiche, né da spostamenti interni e mirati dei minori (come avviene per l’Emilia Romagna, la Lombardia o il Lazio), bensì da un flusso in entrata dai confini orientali italiani che non solo non accenna ad arrestarsi ma che, nella seconda metà del 2018 – secondo il rapporto dell’UNHCR “Desperate Journeys“, ha registrato un incremento nel numero di entrate. Indicative in tal senso le prime cinque nazionalità di minori stranieri non accompagnati presenti nel 2018 in Friuli Venezia Giulia: Kosovo (30,4%), Pakistan (29,6%), Afghanistan (12,4%), Albania (11%) e Bangladesh (7%) (leggi i dati completi della Regione Friuli Venezia Giulia).
La rotta balcanica e i minori stranieri non accompagnati. Il flusso in entrata dai Balcani segue una traiettoria che seppur cambiando e interessando ora maggiormente un paese, ora un altro, ha coinvolto in modo altalenante e con forme diverse l’Italia sin dalla crisi slava degli anni ‘90. Diventato sempre più consistente a seguito dello scoppio del conflitto siriano nel 2011, si è ridotto dopo la chiusura delle frontiere nel 2016 (della Macedonia, della Serbia, dell’Ungheria e della Croazia) ma ha continuato a mantenere una sua consistenza in termini di presenze. Non è un caso infatti che la presenza di richiedenti asilo e minori stranieri non accompagnati provenienti dall’Albania, dal Pakistan, dal Bangladesh, dal Kosovo e dall’Afghanistan, siano sempre stati una costante in Italia, soprattutto nell’ultimo quadriennio.
Gli arrivi via mare, essendo più consistenti, hanno tuttavia avuto quale effetto principale quello di annacquare la percentuale d’incidenza di tali nazionalità sul totale di minori, superate nell’ultimo biennio da quelle africane (soprattutto sub sahariane). Al contrario, oggi, l’effetto prodotto dall’arresto degli sbarchi è proprio quello di dare una maggiore visibilità agli arrivi provenienti dalla rotta balcanica nella graduatoria delle presenze di minori stranieri non accompagnati. E’ il caso dell’Albania, che pur con un numero pressoché uguale di minori soli registrati nei due anni appena trascorsi (1.677 nel 2017 e 1.550 nel 2018) passa tuttavia dal quarto al primo posto con un’incidenza in termini percentuali che varia dal 9,2% del 2017 al 14,4% del 2018!
Indicativi dello stato di salute della rotta balcanica, sono inoltre i dati del Ministero dell’Interno che riportano il numero di stranieri in entrata e in uscita dal territorio italiano e le riammissioni ai valichi di frontiera dei confini orientali italiani. Tra le nazionalità fermate al confine sloveno e austriaco ci sono migranti provenienti per lo più dall’Afghanistan, dal Pakistan, dall’Albania e dal Bangladesh. Tutte nazionalità (ad eccezione del Pakistan i cui migranti arrivano adesso in Italia anche partendo dalla Libia) che difficilmente compaiono tra quelle che arrivano via mare e che evidenziano che la rotta balcanica continui, per alcune nazionalità, ad essere la via principale per raggiungere il nostro paese.
Un flusso che non si è mai arrestato e che richiede maggiore attenzione. “Si tratta di numeri significativi” ha osservato la Presidente del Tribunale per i Minorenni di Trieste, Carla Garlatti – aprendo i lavori del secondo corso di aggiornamento per tutori volontari, organizzato in collaborazione con il Garante regionale dei diritti della persona del Friuli Venezia Giulia.
A differenza del flusso migratorio che transita per il Mar Mediterraneo, quello proveniente dai Balcani è passato, soprattutto nell’ultimo biennio, parzialmente sottovoce soprattutto a causa della forte impennata e dell’eco mediatico che ha ricevuto il primo. E’ necessario tuttavia che tale silenzio non riverberi i suoi effetti sulla tutela che devono ricevere i minori stranieri non accompagnati che arrivano nel nostro paese percorrendo un cammino che si rivela tortuoso e pieno di insidie. Come registrato da diverse organizzazioni non governative, (tra cui la stessa Save the Children nel dicembre 2018 https://nwb.savethechildren.net/news/hundreds-children-report-police-violence-eu-borders ), viaggiare da soli spesso espone i minori al rischio di subire abusi e gravissime violenze.
E’ proprio in ragione dell’importanza che tale flusso continuerà ad avere in termini di presenze, che è importante investire nelle regioni di confine che, nonostante la chiusura dei porti, continueranno a causa della forte permeabilità delle frontiere di terra ad essere la metà o il terreno di passaggio di minori soli e bisognosi di protezione. Iniziative come quelle di Trieste, congiuntamente al monitoraggio delle frontiere finalizzato ad evitare che nessun minore venga lasciato solo o subisca abusi, dovrebbero diffondersi a macchia d’olio sul territorio per offrire una risposta adeguata alle esigenze di ogni minore straniero non accompagnato.
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