E’ stato presentato oggi il 4° Rating dei menu scolastici dell’Osservatorio sui menu scolastici di Food Insider su menu di 52 Comuni rappresentativi del territorio nazionale, per un totale di 550.000 pasti al giorno, che restituisce la fotografia aggiornata di una realtà disomogenea di mensa e che evidenzia una sovrapposizione tra menu sani e sostenibili. La pubblicazione ci ricorda che non può esistere mensa di qualità se non si interviene su aspetti relativi alla catena alimentare ed alle politiche alimentari del cibo, in primo luogo relativi all’accessibilità e sostenibilità socio-ambientale del cibo delle mense.
Una politica attenta alla sostenibilità ambientale e sociale dovrebbe basarsi sull’obbligo delle amministrazioni pubbliche di garantire che le mense scolastiche non siano solo un luogo di opportunità nutrizionali, educative e di sostenibilità, ma anche un’occasione per supportare processi virtuosi di rafforzamento delle economie locali, dell’educazione alimentare di bambini, genitori ed insegnanti e di garanzia di giustizia sociale e protezione dei diritti dell’infanzia e adolescenza. Le mense non sono solo uno strumento straordinario per combattere l’emergenza climatica, come ci ricorda Food Insider, ma anche un mezzo attraverso il quale le pubbliche amministrazioni possono (e devono) adempiere alle loro obbligazioni nei confronti del diritto all’educazione e del diritto al cibo degli studenti.
Il diritto all’educazione è riconosciuto come uno dei principi più importanti nel quadro internazionale dei diritti umani, modellato dalla Dichiarazione universale delle Nazioni Unite del 1948 e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia e Adolescenza (CRC). In Italia, il diritto all’istruzione è esplicitamente contenuto nell’articolo 26 della Costituzione e l’idea che l’educazione sia un bene pubblico va di pari passo con l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile SDG numero 4 su un’istruzione di qualità inclusiva ed equa.
Non c’è dubbio che la mensa scolastica garantisca il pieno godimento del diritto allo studio, tanto che dati recenti dimostrano come nelle regioni dove mensa scolastica e tempo pieno non sono presenti, la dispersione scolastica tocca i picchi più elevati: in 9 regioni italiane (Sicilia, Molise, Puglia, Campania, Calabria, Marche, Abruzzo, Umbria e Sardegna) oltre il 50% degli alunni, più di 1 bambino su 2, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa; cinque regioni tra queste(Molise, Sicilia, Campania, Abruzzo e Puglia) registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno superando ampiamente il dato nazionale già critico, secondo il quale oltre il 66% di classi primarie risulta senza il tempo pieno e in Sardegna, Sicilia, Campania, Puglia e Calabria sono le stesse regioni dove si osservano anche i maggiori tassi di dispersione scolastica d’Italia.
In maniera simile, il diritto al cibo è stato riconosciuto come un diritto umano sin dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. Più tardi, è stato incluso in diversi trattati internazionali vincolanti quali il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966 (ICESCR, articolo 11), la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (1979) e la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (2006). È importante sottolineare che tale diritto è anche contenuto nell’articolo 24.2 (c) dell’ONU Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e Adolescenza (CRC) del 1989 che l’Italia ha ratificato nel 1991. A detta dell’ex rapporteur speciale dell’ONU Olivier De Schutter, ogni Stato firmatario di tali accordi ha, dunque, l’obbligo di proteggere, rispettare e migliorare l’accesso costante ad un cibo sano, sostenibile, adeguato, ma anche di assicurarsi che tale cibo sia ottenuto in maniera compatibile con il pianeta e accompagnato da una lotta contro la povertà e l’ineguaglianza. Anche se la Costituzione italiana del 1948 non fa riferimento esplicito al diritto al cibo, la relazione tra il diritto internazionale ed il diritto interno prevista dall’articolo 117 della Costituzione è tale per cui non ci sono motivazioni giuridiche per negare che tale diritto abbia valore costituzionale nel contesto italiano e che qualsiasi legge e regolamento debba rispettarlo ed essere informato da esso.
Quindi, se non vi è dubbio che l’accesso al cibo è un diritto che non dovrebbe essere reso dipendente dal reddito, ne consegue che nel contesto dell’istruzione pubblica obbligatoria il diritto al cibo dei bambini può essere considerato, rispettato e soddisfatto solo attraverso la fornitura di una quantità adeguata, nutriente, appropriata e gratuita di cibo da gustare insieme al resto degli studenti. Se la scuola dell’obbligo rappresenta un momento fondamentale anche nella realizzazione del diritto al cibo delle future generazioni, le mense scolastiche devono dunque essere viste come un momento di questo processo educativo e – allo stesso tempo – un mezzo per le autorità pubbliche per mantenere il loro obbligo di proteggere e realizzare il diritto al cibo degli studenti.
Come più volte ribadito, l’importanza delle mense scolastiche dovrebbe essere valutata nel contesto della povertà diffusa e della malnutrizione. In Italia, 1,2 milioni di bambini e adolescenti vivono in condizioni di assoluta povertà, vale a dire in contesti in cui hanno accesso a meno soldi del necessario per acquistare un paniere di beni e servizi essenziali. Il momento del pasto a scuola inoltre si fa un importante strumento di prevenzione dell’obesità infantile e della malnutrizione, fenomeni diffusi anche in Italia: quasi 1 bambino su 10 è obeso e 2 su 10 sono in sovrappeso e a questi si aggiungono il 3,9% dei bambini che in Italia ancora oggi non consuma neppure un pasto proteico adeguato al giorno, percentuale che al Sud e nelle Isole sale al 6,2%. Per loro, e per le migliaia di bambini che non hanno accesso ad una dieta equilibrata, le mense scolastiche rappresentano l’opportunità. Eppure siamo molto lontani dal garantire un accesso equo ad una mensa di qualità, basti pensare che nel 2017, solo il 51% degli alunni della scuola primaria in Italia ha avuto accesso ad una mensa, con disparità enormi nei sistemi di refezione scolastica e una distanza sempre maggiore tra Nord e Sud, dove si registra il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica (81% in Sicilia, 80% in Molise, 74% in Puglia). Inoltre, sono diversi i Comuni che applicano tariffe elevate o praticano l’esclusione dal servizio per i bambini figli di genitori morosi, per non parlare dei casi in cui regolamenti comunali impediscono di fatto l’accesso alle agevolazioni al servizio per le famiglie di origine straniera. Tali prassi non fanno altro che aumentare le diseguaglianze sociali e fanno ricadere così il peso delle difficoltà economiche dei genitori direttamente sulle spalle dei bambini. Le separazioni imposte agli alunni durante il tempo dedicato al pasto, un tempo che al contrario dovrebbe esser vissuto come un’occasione educativa e di integrazione sociale, oltre che di educazione alimentare e di sana alimentazione, diventano così un momento in cui i bambini vivono una forte discriminazione.
Un approccio alle mense scolastiche che sia fondato sul rispetto dei diritti fondamentali dell’infanzia e adolescenza necessita una radicale riconsiderazione del servizio e del ruolo delle pubbliche amministrazioni. Possiamo guardare all’Europa per prendere spunto e cambiare il modo in cui consideriamo il rapporto tra Stato, scuole, famiglie, alunni e cibo: in Francia, l’accesso alle mense scolastiche è riconosciuto come un diritto. In Svezia e Finlandia, pasti gratuiti sono disponibili per tutti gli studenti delle scuole dell’obbligo, indipendentemente dal loro reddito. In Inghilterra in questi giorni si sperimenta un modello di mensa gratuita: il Dipartimento dell’Educazione offrirà pasti e attività gratuiti a circa 50.000 bambini in situazione di svantaggio durante la pausa estiva, da settembre partirà poi una sperimentazione in alcune contee.
La riconsiderazione delle mense sulla base di questi due diritti fondamentali non deve essere considerata una scelta od un’opzione, bensì l’esercizio di doveri giuridici ed il supporto pubblico a processi virtuosi. Mense giuste dal punto di vista sociale ed ambientale migliorerebbero la qualità di vita di centinaia di migliaia di bambini in tutta Italia e ridurrebbero la pressione che molte famiglie sentono quando si tratta di dar da mangiare ai propri bambini o sostenere la spesa di tali servizi. Allo stesso tempo, sarebbe centrale nel rimodellare il sistema alimentare intorno a principi di sostenibilità ambientale e di lotta al cambiamento climatico che sono punti centrali degli impegni adottati dall’Italia e dall’Unione Europea alla luce dell’attuale emergenza sociale ed ambientale.
Per raggiungere questi obiettivi, è fondamentale che le mense scolastiche non siano solo considerate dal punto di vista nutrizionale, ma anche – e soprattutto – dal punto di vista dell’accessibilità, della diffusione, dell’impatto sull’economia locale e della capacità di provvedere alimenti culturalmente e individualmente adeguati.
Occorre innanzitutto ripensare la natura delle mense scolastiche rendendole un servizio pubblico essenziale e prevedendo la gratuità per le fasce di popolazione in condizione di povertà.
Risorse pubbliche sono dunque necessarie, così come lo sono la volontà politica e la attenzione collettiva al tema. Ma investire nel garantire l’accesso ai diritti dei bambini e degli adolescenti -all’educazione ed al cibo in particolare- e nel futuro del pianeta dovrebbe essere la priorità di qualunque decisore politico che intenda rispettare gli obblighi nazionali ed internazionali e implementare gli impegni presi nell’Accordo di Parigi e con la Agenda 2030.
A cura di Save the Children, con il contributo del Dr. Tomaso Ferrando, Lecturer – University of Bristol School of Law e consulente giuridico della Professoressa Hilal Elver, Special Rapporteur al Diritto al Cibo delle Nazioni Unite.
Per maggiori informazioni si veda Save the Children, Rapporto “(Non) Tutti a mensa 2018”
Per maggiori informazioni sulla novità in Inghilterra si veda London council launches free school meals pilot scheme
Si veda anche Dr. Tomaso Ferrando, From Exclusion to Integration, University of Bristol Law Research Paper Series #003, 2019
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