Il collocamento in hotspot e navi quarantena non garantisce assistenza adeguata ai minorenni non accompagnati e favorisce la loro dispersione. Una riflessione sul tema e i materiali del Convegno CILD del 15, 16 e 17 ottobre 2020.

Il 15, 16 e 17 ottobre 2020, la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD), in collaborazione con Save the Children, ha organizzato una formazione online sui diritti dei minorenni vittime di tratta di esseri umani, nell’ambito del progetto Training lawyers, prosecutors, judges to ensure better rights protection for migrants and refugees victims of human trafficking (TRAIN PRO RIGHTS).  Tale progetto prevede l’organizzazione di sessioni transnazionali di formazione giuridica per i professionisti del settore legale, alle quali partecipano esperti da ogni Paese partner, ovvero Bulgaria, Grecia, Italia, Romania e Spagna.

Alcuni interventi (tra gli altri, quello di Viviana Coppola per Save the Children) hanno posto particolare attenzione sugli indicatori di sfruttamento e i percorsi di integrazione e di sostegno ai minorenni vittime della tratta e sfruttamento nel Paese di destinazione.

Affinché vi possa essere la presa in carico dei minorenni non accompagnati sin dal loro arrivo in Italia è indispensabile evitare che gli stessi, giunti sul nostro territorio, possano continuare a essere soggiogati dagli autori del crimine di tratta o grave sfruttamento.

Proprio per queste ragioni la Direttiva 2011/36/UE impone agli Stati membri precisi obblighi volti a fornire alle vittime adeguata tutela attraverso misure specifiche di rapida identificazione, assistenza e sostegno, che devono essere garantite, su base consensuale e informata, sin da quando le autorità abbiano un “ragionevole motivo” di ritenere che la persona sia vittima di tratta. La stessa direttiva impone poi una tutela rafforzata nei confronti dei minorenni non accompagnati vittima di tratta che ha poi trovato ulteriori consolidamenti nella normativa domestica italiana.

Tuttavia, secondo i dati forniti da Europol, nell’UE spariscono 10.000 minorenni non accompagnati ogni anno. E solo pochi di loro vengono ritrovati.

Alcuni di questi minorenni spariscono poco dopo che sono arrivati in Italia, a causa di una primissima assistenza loro fornita nell’immediatezza dell’arrivo che non è in grado di spezzare il controllo esercitato su di loro da parte del sistema criminale che ha consentito al minore di arrivare sul territorio italiano e ha programmato già la destinazione (spesso in altri Paesi europei) dove avverrà lo sfruttamento dello stesso.

Di qui il corollario della rilevanza non soltanto della rapida identificazione del minorenne non accompagnato vittima di tratta sin dall’arrivo sul territorio italiano, ma anche l’esigenza che lo stesso sia immediatamente collocato in una struttura protetta – come previsto dalla normativa vigente – dove poter ricevere assistenza, onde evitare una sua fuga dal sistema di accoglienza e, di conseguenza, la prosecuzione dello sfruttamento in suo danno.

In caso contrario, la fuga dal sistema di accoglienza del minorenne rappresenterebbe un fallimento dello stato nonostante le misure legislative avanzate di cui si sono dotati l’UE e la maggior parte degli Stati Membri.

Ciò posto è di tutta evidenza l’inadeguatezza della prassi italiana che, nonostante una normativa avanzatissima in tema di identificazione, assistenza e tutela dei minorenni non accompagnati, persegue ad accogliere tali minorenni vulnerabili, al momento dello sbarco, in strutture fatiscenti e promiscue quali sono gli hotspot o, da ultimo, le navi quarantena.

È noto a chi si occupa di minorenni non accompagnati e, più in generale, di persone vulnerabili, che tra le numerose persone che giungono in Italia attraverso il mare o attraverso i valichi di frontiera terrestri, vi sono coloro che presentano caratteristiche, sin dal momento dello sbarco o comunque dell’arrivo alla frontiera, che ragionevolmente consentono di considerarle vittime di tratta, in quanto persone che possono aver subito condotte riconducibili al crimine della tratta degli esseri umani o, ancora, persone da considerarsi a rischio di diventarlo, perché fortemente vulnerabili.

Essere minorenni non accompagnati è uno degli indicatori di sfruttamento o di tratta e, pertanto, ogni qual volta si presuma di essere di fronte ad un minorenne non accompagnato bisogna destinare lo stesso immediatamente al sistema di accoglienza, senza che vi sia il passaggio in hotspot o navi quarantena, onde evitare ulteriori traumi e il rafforzamento della loro diffidenza.

Le vittime di tratta, compresi i minorenni, sono molto provate dagli avvenimenti occorsi lungo il viaggio – che talvolta dura molti mesi o anni – ma, ciò nonostante, sono fortemente legate ad una consegna di silenzio imposta dai trafficanti e pertanto non disponibili ad instaurare un qualsiasi rapporto di fiducia con le Autorità del Paese di destinazione. In alcuni casi possono inoltre verificarsi situazioni in cui, a causa di elementi culturali, si instaura tra le vittime e i trafficanti un rapporto di reciprocità che contribuisce a ostacolare la disponibilità delle vittime stesse ad affidarsi alle Autorità una volta giunte sul territorio italiano.

L’Italia è notoriamente un Paese di transito e di destinazione di molti minorenni non accompagnati, in costante aumento dal 2016. Tra questi si registrano in particolare, oltre alle minori nigeriane vittime della tratta a scopo di sfruttamento della prostituzione (spesso destinate ad essere sfruttate in Germania o Olanda), adolescenti e bambini di nazionalità eritrea, egiziana, afghana e bengalese, che spesso a causa di debiti contratti per affrontare il viaggio, entrano facilmente nel mercato del lavoro irregolare e spesso sfruttato o nell’ambito della criminalità.

Dobbiamo dunque auspicare un cambio di prassi da parte delle Autorità italiane che ponga fine al trattenimento di minorenni in hotspot o navi quarantena, favorendo involontariamente le reti criminali nel mantenere un potere di eterodirezione a danno dei minorenni vittime di tratta e sfruttamento.

La lotta alla tratta di essere umani e allo sfruttamento dei minorenni passa per scelte coraggiose che garantiscano a questi ultimi, sin dal loro arrivo, la percezione di aver raggiunto finalmente un approdo sicuro dove poter prendere consapevolezza dello sfruttamento di cui si è vittima.

Destinare un minorenne a giorni o settimane in hotspot (o navi quarantena) non solo non garantisce allo stesso diritti fondamentali di cui è titolare ma rende anche impossibile, spesso in modo irreversibile, creare un rapporto di fiducia tra il minorenne e le Autorità italiane, pubbliche o private, con cui entrerà in contatto.

Se non si collocano immediatamente in strutture protette i minorenni soli appena giunti in Italia, la fiducia degli stessi ad affidarsi all’Autorità italiana verrà meno e, non appena sarà possibile, fuggiranno dall’accoglienza facendo perdere le proprie tracce, per essere nuovamente controllati e collocati laddove il sistema criminale riterrà utile collocarli per trarne profitto. Per essere di nuovo “numeri” riportati tristemente nelle statistiche dell’Europol – che ci ricordano, come detto, che ogni anno spariscono 10.000 minori stranieri non accompagnati in Europa – e non “persone” vulnerabili alle quali andrebbero garantiti diritti.

Gennaro Santoro, consulente legale CILD

 

Scarica qui il materiale e i video del corso TRAIN.PRO.RIGHTS.

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