Il 17 gennaio, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge sul Reddito di Cittadinanza, che prevede criteri di accesso più ampi rispetto al Reddito di Inclusione (la misura di contrasto alla povertà varata dal governo precedente), in termini di reddito soprattutto, ma più restrittivi per i cittadini extracomunitari.(Per un quadro sintetico della misura, il Governo ha pubblicato una presentazione subito dopo l’approvazione del decreto al Consiglio dei Ministri del 17 gennaio, consultabile qui ).
Con molte più risorse a disposizione, il Reddito di Cittadinanza considera eleggibili solo i cittadini extracomunitari con permesso di soggiorno di lungo periodo e residenti in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo. L’accesso al Reddito di Inclusione (Rei) era invece garantito anche ai cittadini di paesi terzi “in possesso di analogo permesso o titolare di protezione internazionale” (asilo politico, protezione sussidiaria), residenti in Italia da almeno 2 anni.
Nei dati rilasciati dall’INPS sui beneficiari del Rei da gennaio a settembre 2018, i nuclei di origine extracomunitaria che hanno avuto accesso alla misura sono stati circa 38 mila, il 10% del totale (esattamente 378.557 nuclei complessivi). Alcuni di questi nuclei beneficiari, nel passaggio al Reddito di Cittadinanza, perderanno il diritto a ricevere il sostegno perché non avranno 10 anni di residenza in Italia (per il permesso di lungo soggiorno ne bastano 5) o perché titolari di protezione internazionale.
Il criterio dei 10 anni di residenza – che si applica a tutti, italiani e non – potrebbe avere effetti discriminatori per i cittadini extracomunitari che soddisfano i criteri di reddito nei limiti Isee e di ricchezza patrimoniale fissati per tutti. E’ possibile quindi che in sede giudiziaria sia rilevato il carattere discriminatorio nell’accesso alla prestazione sociale, come già accaduto con altre prestazioni (bonus mamma domani, precedenza nelle graduatorie di accesso agli asili nido, servizio mensa). Anche perché il Reddito di Cittadinanza può essere visto come prosecuzione del Reddito di Inclusione: per i cittadini comunitari i criteri di accesso divengono più favorevoli con l’incremento delle risorse a disposizione, mentre per i residenti extracomunitari i criteri divengono più sfavorevoli.
Il governo nella sua relazione tecnica sul Reddito di Cittadinanza stima che i nuclei potenziali beneficiari saranno complessivamente 1 milione 335 mila, di cui 241 mila extracomunitari: di questi 241 mila, però, 87 mila (il 36%) non avrà un permesso di lungo soggiorno, quindi i potenziali beneficiari non comunitari sono stimati al massimo a 154 mila. Di questi però una parte non soddisferà il criterio della residenza.
Quindi ci saranno parecchi nuclei di cittadini di paesi terzi in grave stato di povertà, molti dei quali con bambini, che potrebbero perdere il sostegno nel passaggio dal Reddito di Inclusione al Reddito di Cittadinanza.
Più in generale, occorre evidenziare anche un altro fattore che sembra poco equo: il beneficio economico erogato dalla nuova misura sarà più generoso con un singolo adulto rispetto ad un nucleo più numeroso e con minorenni, in base alla scala di equivalenza adottata.
La scala di equivalenza attribuisce un parametro pari a 1 per il primo componente del nucleo familiare, a cui aggiungere un parametro di 0,4 per ciascun componente aggiuntivo maggiorenne e solo 0,2 per ciascun componente minorenne. E’ poi stabilito un tetto massimo di 2,1, quindi anche in caso di nucleo numeroso il beneficio non potrà superare il 210% del beneficio erogato ad un componente singolo in situazione economica equivalente.
Il Sostegno all’Inclusione Attiva (Sia) e il Reddito di Inclusione (Rei) per i primi mesi di avvio (fino al giugno 2018) hanno adottato parametri più equilibrati per garantire a famiglie con figli minori un beneficio equiparabile a quello garantito ad un singolo individuo (sebbene il beneficio economico è stato sino ad ora molto contenuto per tutti, singoli e non). Le due misure contro la povertà hanno inoltre previsto nei primi 6 mesi di attuazione una precedenza per i nuclei con figli minori e con disabili. Il Reddito di cittadinanza invece non garantisce priorità alle famiglie con minori, nemmeno in fase iniziale. Guardando al numero di beneficiari singoli del Rei pubblicati dall’Inps, colpisce che siano passati dal 16% del totale dei beneficiari, nella fase in cui il Rei era riservato principalmente ai nuclei con minori, al 41% nella fase successiva, in cui tutti potevano richiedere il sostegno se soddisfacevano i criteri economici di accesso. Questi dati ci fanno allora ritenere la previsione del governo sulla quota di singoli che beneficeranno del Reddito di Cittadinanza, il 27%, un po’ ottimistica: in assenza di un criterio di precedenza per le famiglie con figli minori, è molto probabile che i beneficiari singoli saranno in proporzione almeno un terzo del totale dei beneficiari.
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