- Il processo penale minorile
- Le fasi del procedimento penale a carico dei minorenni
- Il Difensore
- Il Pubblico Ministero
- La Polizia Giudiziaria
- Il Giudice per le Indagini Preliminari
- Le misure cautelari e pre-cautelari
- Il percorso di rieducazione
- La messa alla prova
- L’irrilevanza del fatto
- Il perdono giudiziale
Il processo penale minorile
Il processo penale minorile è disegnato dal Legislatore (con il d.P.R. n. 448/1988) per affrontare in modo adeguato i reati commessi dai minorenni. Il processo minorile, prima che a punire per la commissione del reato, mira a promuovere l’educazione, l’inserimento sociale e la protezione dei giovani imputati, tenendo conto delle loro particolari esigenze e delle circostanze che li hanno portati ad essere sottoposti a processo, oltre che delle loro personalità.
Nel processo penale minorile assume particolare importanza l’età del minorenne poiché al di sotto dei 14 anni il ragazzo o la ragazza non sono imputabili, cioè non possono essere chiamati a rispondere penalmente per il reato commesso. Al minorenne di età inferiore ai 14 anni possono essere applicate le misure di sicurezza (come il collocamento in una comunità) per fronteggiare la sua eventuale pericolosità sociale.
I minorenni la cui età è compresa tra i 14 e i 18 anni possono essere ritenuti imputabili, cioè essere considerati capaci di intendere e di volere e quindi responsabili del reato commesso. Il minorenne è considerato imputabile se si accerta che al momento del fatto aveva una maturità tale da comprendere il disvalore delle sue azioni e di controllare i suoi impulsi. Se imputabile, il minorenne può essere condannato per il reato commesso, se ritenuto colpevole, ma in ogni caso la pena verrà ridotta.
Il processo penale minorile è fondato su quattro principi fondamentali:
- Il principio di adeguatezza:
Il principio di adeguatezza impone di adottare misure adeguate alla personalità e alle esigenze educative del minorenne oltre che alla gravità del reato commesso. Ciò implica che le sanzioni dovrebbero essere personalizzate, considerando i bisogni specifici del giovane imputato e il contesto in cui il reato è stato commesso. Ad esempio, un minorenne coinvolto in un crimine di ridotta gravità potrebbe beneficiare di un intervento educativo o di servizi comunitari, piuttosto che della detenzione in carcere. Per fare questo, il giudice deve tenere conto di elementi quali:- l’ambiente familiare
- le problematiche personali
- il percorso educativo
- Il principio di minima offensività:
Il principio di minima offensività prescrive di evitare che il procedimento penale possa compromettere il processo di sviluppo educativo e sociale del minorenne. In altre parole, è preferibile adottare interventi meno restrittivi della libertà personale e più orientati all’educazione e alla formazione del minorenne, agevolando il percorso educativo anche durante l’esecuzione della pena. - Il principio di destigmatizzazione:
Il principio di destigmatizzazione prevede che si evitino, per quanto possibile, le conseguenze negative per i minorenni coinvolti nel processo penale. Si tratta di assicurarsi che il processo non contribuisca a rafforzare stereotipi negativi nei confronti dei giovani imputati, ma piuttosto promuova la loro inclusione e il loro reinserimento nella società. Questo significa proteggere il più possibile il minorenne trattandolo con rispetto e dignità, anche evitando la sua esposizione mediatica. Per farlo bisogna fornirgli opportunità concrete e socializzanti per agevolare il suo recupero e il suo sviluppo positivo. - Il principio di residualità della detenzione:
Il principio di residualità della detenzione impone che la privazione della libertà sia sempre considerata l’ultima opzione e solo quando tutte le altre soluzioni si rivelano inefficaci nel garantire la sicurezza pubblica e il benessere del minore. Dunque, la detenzione dovrebbe essere utilizzata solo come estrema misura.
Le fasi del procedimento penale a carico dei minorenni
Il procedimento si articola in tre macro-fasi: Indagini Preliminari, Udienza Preliminare e Dibattimento.
L’organo competente ad accertare la responsabilità dei minorenni è il Tribunale per i Minorenni. Si tratta di un organo collegiale composto da due giudici togati (cioè magistrati che esercitano la funzione di giudice a tempo indeterminato, nominati tramite concorso pubblico) e da due giudici onorari (esperti in discipline umanistiche essenziali alla comprensione delle problematiche minorili, quali psicologia, pedagogia, pediatria ecc.), ma, in alcuni casi, il processo può svolgersi anche avanti al Giudice dell’Udienza Preliminare, anch’esso un organo collegiale, composto da un giudice togato e due onorari.
L’accusa, invece, è sostenuta dal Pubblico Ministero, che è un magistrato togato e che ha il compito di svolgere le indagini, raccogliere le prove e presentarle al Giudice.
Le Indagini Preliminari sono una fase cruciale del procedimento nella quale vengono raccolti elementi di prova per stabilire se la notizia di reato è fondata o no. A partire da questa fase potrebbero essere applicate nei confronti del minorenne misure precautelari e cautelari. Le Indagini Preliminari sono condotte dal Pubblico Ministero e dalla polizia giudiziaria i quali sono incaricati di investigare sul reato.
Al termine delle Indagini Preliminari il difensore del minorenne indagato può accedere alla documentazione delle indagini e proporre la sua versione dei fatti.
Il Pubblico Ministero valuta gli elementi raccolti per verificare se questi consentano di formulare una ragionevole previsione di condanna del minorenne indagato:
- in caso positivo, deposita al GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) la “richiesta di rinvio a giudizio” e questi fissa l’Udienza Preliminare davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare (composto da un giudice togato e due onorari).
- in caso negativo, deposita al GIP la “richiesta di archiviazione” che sarà valutata dal GIP e potrebbe portare alla conclusione del procedimento penale. La persona offesa dal reato può opporsi all’archiviazione, ma sarà sempre il GIP a decidere.
L’Udienza Preliminare serve per valutare la fondatezza dell’accusa, ma è anche il momento in cui il processo può svolgersi per intero e a volte anche concludersi. L’Udienza Preliminare è anche la sede in cui si innestano i procedimenti speciali, ossia la sospensione del processo con messa alla prova e il giudizio abbreviato.
Sulle scelte processuali da operare in vista dell’Udienza Preliminare è fondamentale che il minorenne si confronti personalmente con il proprio difensore.
L’Udienza Preliminare è tenuta dal GUP con la partecipazione obbligatoria del pubblico ministero e del difensore dell’imputato. Di solito partecipano anche il minorenne, i suoi genitori o il suo tutore, l’assistente sociale o l’educatore dell’IPM al quale è assegnato il ragazzo. Può partecipare anche la persona offesa dal reato, ma, in quella sede, non potrà ottenere il risarcimento del danno.
I possibili esiti dell’Udienza Preliminare sono molteplici:
- Sentenza di non luogo a procedere: il Giudice ritiene che le informazioni raccolte dal Pubblico Ministero non permettano di portare avanti l’accusa contro il minorenne. Viene emessa se:
- è provata l’innocenza oppure è inutile proseguire il giudizio perché non si troveranno mai prove sufficienti per arrivare ad una sentenza di condanna;
- il minorenne non aveva ancora compiuto 14 anni al momento del fatto (non imputabilità)
- il minorenne al momento del fatto non era in grado di comprendere il significato e le conseguenze delle sue azioni (immaturità)
- risulta la tenuità del fatto e l’occasionalità del comportamento, quando l’ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minore. (irrilevanza del fatto)
- il minorenne ha commesso il reato, ma merita di essere “perdonato” (perdono giudiziale)
- Sentenza di condanna ad una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva: il Giudice ritiene che il minorenne abbia commesso il reato, ma che sia applicabile una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva invece di una pena detentiva (il minorenne deve aver prestato il consenso alla definizione del processo in sede di Udienza Preliminare)
- Sentenza di condanna o di assoluzione all’esito del Giudizio abbreviato: si svolge il processo nelle forme del giudizio abbreviato, il che significa che il P.M. ed il difensore discutono, e il Giudice decide, sulla base degli atti raccolti durante le indagini preliminari. Se viene pronunciata condanna, la pena è diminuita di un terzo per la scelta del rito abbreviato.
- Sospensione del processo con messa alla prova: il Giudice ritiene di dover sospendere il processo e valutare la personalità del minorenne, perché pensa che meriti di dimostrare, con il suo comportamento, di aver compreso il disvalore del reato di cui è accusato. Il minorenne viene ammesso a seguire il percorso di messa alla prova per un tempo fino ad un anno (per reati meno gravi) o fino a tre anni (per reati più gravi). Se la messa alla prova ha esito positivo, il reato si estingue.
La messa alla prova non può essere concessa per reati per cui è prevista una pena massima superiore a 12 anni di reclusione ( es. omicidio doloso aggravato ai sensi dell’art. 576 cod. pen., la violenza sessuale e la violenza sessuale di gruppo aggravate ai sensi dell’art. 609-ter cod. pen.) - Emissione del decreto che dispone il giudizio: all’esito della discussione dell’Udienza Preliminare, se non è richiesto alcun rito alternativo e l’accusa appare fondata, il Giudice dispone che il processo prosegua nelle forme ordinarie del dibattimento.
L’ultima fase del processo è il dibattimento, al quale si giunge raramente, dal momento che di solito, è più opportuno per il minorenne definire la sua posizione processuale in Udienza Preliminare.
Il Giudice del dibattimento è un organo collegiale composto da due magistrati togati e due magistrati onorari.
Durante la fase istruttoria del dibattimento, il Giudice assume le prove proposte dal P.M. e dalla difesa: acquisisce documenti, procede all’assunzione delle testimonianze ecc.. All’esito dell’istruttoria il P.M., con la sua requisitoria, illustra le prove che dimostrano la colpevolezza dell’imputato e chiede la condanna (o l’assoluzione, quando è emersa l’innocenza dell’imputato); al contrario, il difensore discute illustrando gli argomenti a favore dell’imputato.
Dopo aver valutato tutte le prove e le argomentazioni presentate il Collegio può emettere una sentenza di condanna, se ritiene il minorenne colpevole oltre ogni ragionevole dubbio, o di assoluzione, se ritiene il minorenne non colpevole, o di non doversi procedere, se risultano cause di estinzione del reato o di improcedibilità.
Il Difensore
Il difensore è l’avvocato incaricato di fornire assistenza legale al minorenne indagato o imputato. Può essere scelto direttamente dal minorenne oppure dai suoi genitori o dal tutore, ed in questo caso sarà un difensore “di fiducia”; se non viene nominato un difensore di fiducia, la Procura o Giudice minorile assegna un “difensore d’ufficio”.
Il difensore d’ufficio è individuato tra gli avvocati iscritti all’elenco dei difensori d’ufficio nel procedimento penale minorile, che hanno seguito un apposito corso di formazione e superato un esame che ne certifica la preparazione e le competenze.
Avere un difensore, dunque, è un diritto garantito a tutti e, allo stesso tempo, un obbligo perché non è prevista la possibilità di difendersi da soli.
Il difensore dà assistenza legale al minorenne spiegandogli via via quello che sta succedendo e consigliandolo; ascolta la versione dei fatti del minorenne e in accordo con lui/lei si occupa di cercare la migliore strategia processuale.
Il difensore, nel procedimento penale, rappresenta il minorenne e può compiere per conto del suo assistito tutti gli atti che non sono riservati espressamente ad una scelta personale del minorenne (ad esempio può chiedere al Giudice la revoca o la sostituzione delle misure cautelari). La legge prevede invece che alcune scelte di maggiore importanza possano essere compiute solo dal minorenne personalmente o previo rialscio di procura speciale al difensore (ad esempio, la richiesta di giudizio abbreviato)
Il minorenne può sempre nominare un nuovo difensore di fiducia in sostituzione di quello (di fiducia o d’ufficio) che ha in quel momento. Alla nomina del difensore di fiducia possono provvedere anche i genitori o il tutore, ma prevale sempre la scelta del minorenne.
Il minorenne ha il diritto di nominare il difensore anche dal carcere: è sufficiente compilare il modulo previsto. Il Direttore deve autenticare la firma del richiedente e la nomina deve poi essere trasmessa dall’istituto penitenziario all’autorità giudiziaria e allo stesso avvocato.
Il minorenne ha il diritto di incontrare il proprio difensore anche in carcere, e può contattarlo sia telefonicamente sia scrivendogli una lettera.
Le conversazioni che avvengono durante gli incontri e le telefonate (anche in carcere) sono protette e non possono essere ascoltate da nessuno; inoltre il difensore è vincolato al segreto professionale e non può rivelare nulla di quanto gli è stato raccontato dal suo assistito.
Il minorenne, se si trova in una situazione economica disagiata, ha diritto di ottenere il “Patrocinio a spese dello stato” che è un istituto che prevede che il difensore sia pagato direttamente dallo Stato.
Se il minorenne è assistito da un avvocato di fiducia, deve presentare una richiesta di ammissione al Patrocinio a spese dello Stato documentando la sua situazione economica e il beneficio sarà concesso solo se i redditi della famiglia non superano il limite di legge.
Se il minorenne è assistito da un avvocato d’ufficio deve presentare una semplice richiesta, senza documentare la situazione economica. In questo caso, al termine del procedimento sarà richiesto ai genitori o al tutore di documentare la situazione economica della famiglia. Se il reddito supera il limite consentito, lo Stato può chiedere ai genitori o al tutore il rimborso delle spese legali.
Il Pubblico Ministero
Il Pubblico Ministero (P.M.) gioca un ruolo cruciale nel sistema giudiziario minorile italiano, durante tutte le fasi del procedimento penale. Deve sempre rispettare i diritti del minorenne e trattarlo in modo equo e nel rispetto della legge.
Il P.M. si occupa di:
- svolgere le indagini, ossia raccogliere gli elementi di prova relativi alla sussistenza del reato per cui si procede;
- esercitare l’azione penale, se ve ne sono i presupposti, ossia chiedere al Giudice che si svolga il processo;
- sostenere l’accusa nel corso del processo, ossia portare al Giudice le prove della commissione del reato da parte dell’imputato e, se ve ne sono i presupposti, chiedere la sua condanna.
Nello svolgere le indagini, il P.M. ha il compito di raccogliere tutti gli elementi rilevanti per stabilire la verità dei fatti, anche quelli eventualmente favorevoli al minorenne sottoposto ad indagini.
Ad esempio, se riceve la notizia di un furto commesso da un minorenne, il P.M. dovrà avviare le indagini per raccogliere gli elementi di prova, ad esempio sequestrando gli arnesi da scasso utilizzati, visionando i filmati estratti dagli eventuali impianti di videosorveglianza ed ascoltando le persone informate sui fatti.
Quando il reato è grave e il P.M. ritiene che siano sussistenti gravi indizi di colpevolezza del minorenne e che ci sia il pericolo che il minorenne commetta gravi reati, ostacoli la raccolta delle prove o si dia alla fuga, può chiedere al Giudice l’applicazione di una misura cautelare (es. custodia cautelare in IPM o collocamento in comunità o permanenza in casa o imposizione di prescrizioni).
Nel corso delle indagini il P.M. può invitare il minorenne a rendere l’interrogatorio, a cui il ragazzo può scegliere di rispondere oppure no.
Al termine delle indagini preliminari, la difesa può accedere alla documentazione delle indagini e proporre la propria versione dei fatti; il P.M. valuta gli elementi raccolti e, quando questi non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna, chiede l’archiviazione della notizia di reato. Al contrario, se gli elementi risultano sufficienti, esercita l’azione penale (formulando la richiesta di rinvio a giudizio o la citazione a giudizio a seconda del tipo di reato per cui si procede).
Se lo ritiene utile, il P.M. può proporre al minorenne un Percorso di rieducazione che prevede lo svolgimento di lavori socialmente utili o di volontariato.
Durante il processo, il P.M. rappresenta l’accusa, ossia lo Stato, e ha l’obbligo di chiedere al Tribunale l’assunzione di tutte le prove pertinenti, sia quelle a sostegno dell’accusa, sia quelle favorevoli al minorenne. Al termine del processo chiede l’applicazione della pena o l’assoluzione.
Quando la sentenza diventa definitiva, se c’è stata condanna ad una pena e non è stata concessa la sospensione condizionale, il P.M. emette l’ordine di esecuzione.
La Polizia Giudiziaria
In ciascuna Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni è istituita una sezione specializzata della polizia giudiziaria composta da personale formato e dotato di specifiche competenze per affrontare le delicate questioni relative ai minorenni coinvolti in procedimenti penali. La polizia giudiziaria ricopre un ruolo molto importante nello svolgimento delle indagini e nella esecuzione delle misure precautelari e cautelari (ad es. arresti, accompagnamenti in flagranza di reato ecc.).
Quando si tratta di eseguire ordinanze di applicazione della custodia cautelare, arresti, fermi o accompagnamenti, gli operatori di Polizia Giudiziaria sono tenuti ad adottare tutte le precauzioni possibili per proteggere il minorenne e ridurre sofferenze fisiche e psicologiche derivanti, ad esempio, dalla curiosità del pubblico o da forme di pressione mediatica. È inoltre vietato l’utilizzo di mezzi coercitivi, a meno che non siano strettamente necessari per garantire la sicurezza in situazioni gravi. In ogni caso l’operatore di polizia è tenuto a proteggere il minorenne coinvolto e a informarlo della situazione che sta vivendo.
Le azioni che la Polizia Giudiziaria può o deve intraprendere sono:
- Arresto: quando un minorenne viene colto in flagranza di un reato grave, la Polizia Giudiziaria può procedere al suo arresto, informandone subito il Pubblico Ministero. Questa è una decisione che deve tenere conto della gravità del fatto, dell’età e della personalità del minorenne coinvolto.
- Fermo: quando il minorenne è indiziato di aver commesso un reato per il quale è prevista la custodia cautelare, sempre che la pena prevista non sia inferiore a 2 anni di reclusione, la Polizia Giudiziaria può procedere al suo fermo, informandone subito il Pubblico Ministero.
- Accompagnamento a seguito di flagranza: nel caso di un minorenne colto in flagranza di un delitto non colposo punibile con pene severe come l’ergastolo o la reclusione non inferiore ai tre anni, la polizia può accompagnarlo presso i propri uffici. Qui il minorenne sarà trattenuto solo il tempo strettamente necessario alla consegna ai genitori, all’affidatario o alla persona da loro incaricata. Il minorenne non può comunque essere trattenuto per più di dodici ore.
- Esecuzione delle ordinanze applicative di misure cautelari: quando il provvedimento è emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari, la Polizia Giudiziaria notifica l’atto (ossia lo consegna al minorenne ed ai genitori o al tutore) e, se l’ordinanza prevede la custodia cautelare in carcere, accompagna il minorenne presso il più vicino Istituto Penitenziario Minorile che abbia disponibilità per accogliere il ragazzo.
- Esecuzione delle sentenze definitive: quando la sentenza di condanna a pena detentiva è definitiva e non è stata concessa la sospensione condizionale, il Pubblico Ministero emette l’ordine di esecuzione. La Polizia Giudiziaria notifica l’atto (ossia lo consegna al minorenne ed ai genitori o al tutore) e – se l’ordine di esecuzione non è sospeso – accompagna il minorenne presso il più vicino Istituto Penitenziario Minorile che abbia disponibilità ad accogliere il ragazzo.
- Applicazione delle pene sostitutive: quando la sentenza che condanna il minorenne ad una pena sostitutiva (es. detenzione domiciliare sostitutiva) diviene definitiva il Giudice che ha emesso la sentenza demanda alla Polizia Giudiziaria di comunicare al minorenne ed ai genitori o al tutore che l’esecuzione della pena inizia e che il minorenne deve attenersi alle imposizioni previste dal provvedimento del Giudice. Se deve essere applicata la semilibertà sostitutiva la Polizia Giudiziaria notifica l’atto (ossia lo consegna al minorenne ed ai genitori o al tutore) e accompagna il minorenne presso il più vicino Istituto Penitenziario Minorile che abbia disponibilità ad accogliere il ragazzo.
Gli ufficiali e gli agenti di polizia che procedono ad arresto, fermo o accompagnamento devono informare tempestivamente il pubblico ministero, i genitori o il tutore, l’eventuale affidatario e i servizi minorili per garantire la corretta gestione della situazione e la tutela del minore.
Il Giudice per le indagini preliminari
Durante la fase delle Indagini Preliminari il Pubblico Ministero cerca gli elementi che provano la commissione del reato e la responsabilità del minorenne sottoposto ad indagini.
Sull’operato del P.M. vigila il Giudice per le Indagini Preliminari che interviene quando il P.M. vuole limitare la libertà personale del minorenne (ad esempio attraverso una una misura cautelare) o vuole concludere il procedimento penale con un’archiviazione della notizia di reato.
Il G.I.P. è un magistrato togato (cioè un magistrato che esercita la funzione di giudice a tempo indeterminato ed è stato nominato tramite concorso pubblico) che controlla che le indagini vengano compiute rispettando le norme e le garanzie previste dalla legge. Il G.I.P. non ha il potere di “suggerire” al P.M. o al Difensore che cosa fare, ma si attiva quando gli vengono presentate delle richieste dal P.M. o dal Difensore. Il G.I.P. non conosce tutti gli atti di indagine, ma decide sulla base di quelli che il P.M. decide di presentare nel momento in cui fa una richiesta.
Il G.I.P., dunque, su richiesta del P.M., decide:
- se le misure precautelari (arresto, fermo e accompagnamento) sono state eseguite correttamente, ossia se c’erano i presupposti di legge necessari, e in caso affermativo le convalida;
- se deve o non deve essere applicata una misura cautelare, ossia se ci sono o no i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari;
- se la notizia di reato deve o non deve essere archiviata, ossia se è possibile o meno una ragionevole previsione di condanna del minorenne sottoposto ad indagini.
Inoltre, il G.I.P., su richiesta del Difensore, decide se la misura cautelare applicata può essere revocata o sostituita con un’altra meno restrittiva.
Dopo la Richiesta di rinvio a giudizio e la fissazione dell’Udienza Preliminare, non è più possibile per il P.M. chiedere l’archiviazione; sull’applicazione, la revoca o la sostituzione delle misure cautelari decideranno il Giudice dell’Udienza Preliminare o, nella fase del dibattimento, il Tribunale per i Minorenni.
Le misure cautelari e precautelari
Le misure cautelari sono provvedimenti del Giudice che, già durante il procedimento penale e prima di una sentenza definitiva, possono limitare la libertà personale di un minorenne.
Le misure precautelari vengono applicate prima delle misure cautelari e possono essere disposte direttamente dalla Polizia Giudiziaria (solo in casi eccezionali e stabiliti dalla legge) nel momento in cui un minorenne viene sorpreso mentre sta commettendo un reato oppure subito dopo averlo commesso; in ogni caso, il provvedimento della Polizia Giudiziaria dovrà poi essere confermato dal giudice entro un massimo di 96 ore.
Le misure precautelari che possono essere disposte nei confronti di un minorenne sono l’arresto, il fermo e l’accompagnamento:
- L’arresto puó essere disposto dalla Polizia Giudiziaria che sorprende un minorenne mentre tiene un comportamento che per la legge è un reato grave (ad esempio omicidio, violenza sessuale, rapina aggravata, estorsione aggravata, resistenza a pubblico ufficiale, spaccio di sostanze stupefacenti, ecc. ecc.), oppure subito dopo averlo tenuto.
- Il fermo può essere disposto se il Pubblico Ministero, mentre sta svolgendo delle indagini su un minorenne, ritiene che possa fuggire.
- L’accompagnamento presso gli Uffici della Polizia Giudiziaria “a seguito di flagranza” può essere disposto dalla Polizia Giudiziaria che sorprende un minorenne in un comportamento che per la legge è un reato piuttosto grave, ma non abbastanza da poter procedere ad arresto.
I minorenni che non hanno ancora compiuto 14 anni non possono essere arrestati, fermati o accompagnati presso gli Uffici di Polizia Giudiziaria e comunque devono essere liberati immediatamente.
Dopo l’applicazione di una misura precautelare, il minorenne sarà portato presso un Centro di Prima Accoglienza (CPA) o in una Comunità, dove rimarrà al massimo per quattro giorni, finché il Giudice per le Indagini Preliminari, in seguito all’interrogatorio di convalida, deciderà se applicare una misura cautelare o se disporre la liberazione.
Quando viene eseguita una misura precautelare, la Polizia Giudiziaria deve informare subito il Pubblico Ministero del fatto che è stato disposto un arresto, un fermo o un accompagnamento; allo stesso modo deve informare i genitori del ragazzo o le persone a cui è affidato e l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM). Il Pubblico Ministero può decidere di procedere subito alla liberazione oppure può chiedere al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) l’applicazione di una misura cautelare.
Entro un massimo di quattro giorni il minorenne sarà portato ad un’udienza davanti al GIP, durante la quale è obbligatoria la presenza del difensore ed è permesso che partecipino anche i genitori (o le persone a cui è affidato), un operatore dell’USSM e l’educatore del CPA. Il Giudice, al termine dell’udienza e dopo l’interrogatorio di convalida, potrà decidere se liberare immediatamente il minore oppure applicare una misura cautelare.
In caso di arresto o di accompagnamento legittimi ed eseguiti correttamente può anche accadere che il PM richieda la celebrazione immediata del processo: in questo caso parliamo di Giudizio Direttissimo, un rito speciale che mira a concludere il procedimento in tempi più brevi rispetto a quelli del rito ordinario.
Le misure cautelari, come anticipato, possono limitare la libertà personale del minorenne e sono immediatamente esecutive. Inoltre sono temporanee, perciò hanno una scadenza. Quelle che possono essere applicate ai minori sono le prescrizioni, la permanenza in casa, il collocamento in comunità e la custodia cautelare in carcere:
- Le prescrizioni sono un insieme di “regole” da rispettare (come ad esempio divieti particolari o attività utili per il benessere e l’educazione del minorenne) che il Giudice può disporre nei suoi confronti durante le indagini o in attesa della sentenza definitiva.
- La permanenza in casa può essere disposta dal Giudice quando non ritiene opportuno che il minorenne rimanga libero durante le indagini o fino alla conclusione del processo; il minorenne sarà così obbligato a restare in casa e potrà uscire solo se autorizzato dal Giudice, con un accompagnatore, per svolgere attività come la scuola o lo sport.
- Il collocamento in comunità viene disposto quando il minorenne non può stare in famiglia, ma il Giudice ritiene che abbia bisogno di essere controllato e supportato dagli educatori.
- La custodia cautelare in carcere è la misura che viene applicata dal Giudice quando ritiene che questo strumento sia l’unico idoneo a garantire che il minorenne non commetta reati, non fugga e non interferisca con le indagini. I minorenni sottoposti a custodia cautelare vengono inseriti in un Istituto Penitenziario Minorile (IPM).
Le misure cautelari possono essere disposte solo quando:
- Ci sono dei “gravi indizi” di colpevolezza (ad esempio, il minorenne era presente sul luogo del reato oppure è stato trovato in possesso di oggetti utilizzati per commetterlo…)
- Contemporaneamente, si verifica almeno una di queste tre situazioni:
- Il minorenne libero potrebbe interferire con le indagini svolte dal Pubblico Ministero (ad esempio, parlando con le persone che sono sospettate di essere i suoi complici o con la vittima del reato).
- Il minorenne ha tentato di fuggire o il Giudice ha ragione di pensare che possa farlo.
- Se il minorenne fosse lasciato libero, potrebbe commettere dei reati simili a quello di cui è accusato o, comunque, altri reati gravi.
Dopo l’applicazione di una misura cautelare, entro un breve periodo di tempo, il minorenne incontrerà il Giudice che lo interrogherà e ascolterà le sue ragioni; in seguito il Giudice dovrà decidere se la misura applicata deve essere mantenuta, se deve essere sostituita con un’altra oppure se può essere revocata.
L’interrogatorio si terrà entro cinque giorni dall’ingresso in IPM, se è stata disposta la custodia cautelare in carcere, ed entro dieci giorni in caso di applicazione delle altre tre misure (prescrizioni, permanenza in casa o collocamento in comunità).
La durata delle misure cautelari dipende da più fattori, ad esempio dal tipo di misura applicata, dal tipo di reato di cui si è accusati, dalla situazione personale del ragazzo/della ragazza, dal suo comportamento.
È importante sapere che le misure cautelari possono essere:
- rinnovate;
- sostituite, sia con misure più gravi sia con misure più lievi, a seconda del comportamento del minorenne;
- revocate, quando il Giudice ritiene che non siano più necessarie.
Il fatto che sia stata applicata una misura pre-cautelare o cautelare non significa che il minorenne sia colpevole del reato di cui è accusato: sarà il processo a stabilire se il reato è stato commesso oppure no. Ad ogni modo, il minorenne ha sempre diritto di sapere di quale reato è accusato e di essere difeso da un avvocato. Ha anche il diritto di essere aiutato da un interprete se non capisce l’italiano. Se si sente male, ha diritto di essere visitato da un medico o di essere accompagnato in ospedale.
Il percorso di rieducazione
Il decreto Caivano ha introdotto una nuova forma di definizione anticipata del procedimento penale, disciplinata all’art. 27-bis d.P.R. 448/1988. Si tratta del “Percorso di rieducazione del minore”, che può avviarsi durante le Indagini Preliminari su iniziativa del P.M. e prevede che il minorenne acceda a un percorso di “reinserimento” e “rieducazione civica e sociale”. Il percorso dura per un periodo da due a otto mesi e deve svolgersi sulla base di un programma rieducativo che preveda, d’intesa con l’USSM, “lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti no profit o lo svolgimento di altre attività a beneficio della comunità di appartenenza”.
Il percorso di rieducazione può essere proposto se si procede per reati puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a cinque anni oppure con una pena pecuniaria (sola o aggiunta alla pena detentiva) e se i fatti non rivestono particolare gravità.
Al termine del periodo stabilito, se il minorenne si è comportato correttamente e il percorso ha avuto un esito positivo, il Giudice dichiara estinto il reato; in caso contrario, si celebrerà il processo.
La messa alla prova
La sospensione del processo con messa alla prova (MAP) è un istituto che consiste nel sospendere il processo penale per dare al minorenne l’opportunità di seguire un percorso educativo e dimostrare, con il suo comportamento, di aver capito il disvalore del fatto di cui è accusato. L’esito positivo della prova estingue il reato ed il minorenne sarà prosciolto.
L’istituto è previsto dall’art. 28 d.P.R. 448/1988 e permette al Giudice dell’Udienza Preliminare o al Tribunale per i Minorenni (a seconda della fase processuale) di sospendere il processo quando la personalità dell’individuo è ancora in formazione o la commissione di un reato non sia necessariamente indicativa di una devianza, soprattutto se il minorenne presenta caratteristiche che possono far ritenere probabile la buona riuscita di un percorso educativo e di inserimento sociale.
La sospensione del processo può essere concessa sia durante l’Udienza Preliminare, sia nel corso del dibattimento, per un periodo di tempo non superiore ai tre anni per i reati puniti con la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni, e per un periodo di tempo non superiore a dodici mesi per tutti gli altri reati.
Ai sensi del comma 5-bis dell’art. 28 (inserito dal c.d. “decreto Caivano” nel settembre 2023) la messa alla prova non può essere concessa per l’omicidio volontario aggravato ai sensi dell’art. 576 cod. pen., la violenza sessuale e la violenza sessuale di gruppo aggravate ai sensi dell’art. 609-ter cod. pen., la rapina aggravata ai sensi dell’art. 628 c. 3 nn. 2, 3 e 3-quinquies cod. pen.
Il G.U.P. o il Tribunale per i Minorenni, sospeso il processo, affida il minorenne agli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM). Il compito dell’USSM è quello di acquisire notizie sul ragazzo attraverso dei colloqui conoscitivi, per creare un progetto di messa alla prova che tenga conto delle risorse personali, familiari, ambientali e delle esigenze educative.
Il G.U.P. o il Tribunale per i Minorenni può anche impartire prescrizioni ulteriori (cioè delle regole da seguire), che mirano a riparare le conseguenze del reato e, eventualmente, promuovere un programma di giustizia riparativa che può coinvolgere anche la vittima del reato.
Per intraprendere proficuamente il periodo di prova, è indispensabile che il minorenne accetti e condivida il percorso educativo che gli viene proposto dall’USSM (“progetto di intervento educativo”). Il progetto non ha delle regole fisse, ma è pensato per adattarsi alle capacità, attitudini ed esigenze di ciascun ragazzo/ragazza.
Il progetto di intervento deve contenere sempre:
- le modalità di coinvolgimento del minorenne, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita, ossia gli obiettivi che il ragazzo si è impegnato a raggiungere, le attività che il nucleo familiare e le altre persone che lo supportano devono intraprendere per sostenerlo
- gli impegni specifici che il minorenne assume, ossia e le singole attività che deve svolgere per raggiungere gli obiettivi prefissati;
- le modalità di partecipazione al progetto degli operatori della giustizia e dell’ente locale, ossia gli interventi previsti a supporto del progetto che devono essere forniti dall’USSM, dagli Assistenti Sociali territoriali e, eventualmente, dalla Comunità presso la quale il minorenne è collocato;
- le modalità di attuazione eventualmente dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa, ossia le attività da svolgere o gli impegni presi dal minorenne in favore della vittima del reato o di associazioni di promozione del gruppo sociale di appartenenza della vittima (ad esempio, al minorenne accusato di avere commesso un reato ai danni di una persona anziana potrebbe venire proposta un’attività di volontariato presso una casa di riposo).
Nel corso della sua esecuzione, la MAP può essere revocata in ogni momento quando il minorenne non rispetti le regole imposte, in modo tanto grave da far ritenere che non si stia impegnando davvero nel progetto educativo. Di solito, la violazione di una sola regola per una sola volta non implica immediatamente ed automaticamente la revoca: la MAP viene revocata quando una o più prescrizioni siano violate più volte e in modo grave. Se si verifica una sola violazione, può accadere che le prescrizioni imposte diventino più rigorose o che vengano aggiunte nuove regole più rigide. Ciò nonostante, anche un’unica trasgressione può comportare la revoca, se si tratta di una violazione particolarmente grave di una prescrizione molto importante.
Al termine del periodo di messa alla prova il G.U.P. (o il Tribunale per i Minorenni) fissa un’udienza in cui, dopo aver assunto informazioni in merito al percorso seguito dal minorenne, ai risultati raggiunti, alle difficoltà affrontate ed alle eventuali violazioni commesse, decide sull’esito della prova. Nella valutazione si tiene conto sia dello svolgimento positivo della MAP, sia dell’evoluzione della personalità del minorenne (che, ad esempio, dimostra di essere diventato più responsabile, di aver raggiunto una maggiore comprensione dei valori sociali ed etici, etc.).
Se la valutazione è positiva e la prova si ritiene superata, il Giudice dichiara l’estinzione del reato e il processo terminerà con il proscioglimento dell’imputato.
Nel caso di esito negativo della prova o di revoca della MAP, chiusa la parentesi della sospensione, il procedimento riprende il suo corso ripartendo dalla fase in cui era stato interrotto.
L’irrilevanza del fatto
L’istituto dell’irrilevanza del fatto è disciplinato dall’art. 27 d.P.R.448/1988 e risponde al principio di minima offensività e al principio di adeguatezza e ha una funzione deflattiva, in quanto comporta l’uscita dal circuito penale di fatti di reato scarsamente offensivi e la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere.
I presupposti previsti dalla legge per potersi configurare l’irrilevanza del fatto sono tre: la tenuità del fatto di reato, l’occasionalità del comportamento del minorenne e il pregiudizio alle esigenze educative del minore derivanti dall’ulteriore corso del procedimento.
La sentenza di non luogo a procedere presuppone quindi un accertamento della responsabilità del minore.
La sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto può essere pronunciata nel corso delle indagini preliminari (su richiesta del P.M.),nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato e, a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, anche nel giudizio dibattimentale.
Il perdono giudiziale
Il perdono giudiziale è un istituto applicabile solo ai minorenni e determina l’estinzione del reato. Ai sensi dell’art.169 del codice penale, se per il reato commesso dal minorenne la legge stabilisce una pena restrittiva della libertà personale inferiore ai due anni o una pena pecuniaria non superiore a 1549,37 euro, il giudice, quando può presumersi che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati, può astenersi dal pronunciare il rinvio a giudizio o la condanna. Il perdono giudiziale può essere applicato nell’udienza preliminare, nel giudizio abbreviato e nell’udienza dibattimentale. Il perdono giudiziale non può essere concesso più di una volta, tuttavia la Corte Costituzionale ha stabilito che può essere concesso per diversi reati appartenenti al medesimo disegno criminoso o per reati commessi antecedentemente alla prima sentenza di perdono, purché la pena detentiva prevista non superi nel massimo i due anni. L’istituto del perdono giudiziale comporta la rinuncia a condannare il colpevole di un reato in ragione della sua giovane età e ha una funzione rieducativa, in quanto risponde all’esigenza di consentire un più rapido recupero sociale. L’applicazione del perdono giudiziale comporta comunque l’accertamento della responsabilità del minore e ha come conseguenza l’iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziale fino al compimento del ventunesimo anno di età.
Scheda tematica redatta con il contributo degli studenti e delle studentesse delle cliniche legali Famiglie, Minori e Diritto/Human Rights and Migration Law/Libertà personale e tutela dei diritti del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino dell’anno accademico 2023.2024 nell’ambito del Progetto di eccellenza 2023-2027 del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino.
Leave A Comment