Proviamo a fare il punto, dopo gli avvenimenti di questa settimana, e capire chi sono le persone di origine rom.

Durante il pomeriggio del 2 aprile, un gruppo di 77 persone di origine rom (tra cui 22 donne e 33 bambini) è stato dislocato in un centro di accoglienza nel quartiere periferico romano di Torre Maura. A seguito delle proteste di una parte della popolazione locale – strumentalizzate da violenti gruppi estremisti indagati oggi per danneggiamenti e minacce con l’aggravante dell’odio razziale – è stato disposto un nuovo trasferimento degli ospiti verso altre strutture.

I fatti avvenuti questa settimana dovrebbero spingerci, evadendo ogni pregiudizio, a chiederci: che vuol dire “Rom”? Proviamo a fare chiarezza.

Quella di origine Rom è la più numerosa minoranza in Europa, tra i 12 i 15 milioni di persone, 7/9 dei quali vivono nell’Unione Europea.

Le persone che in Italia si riconoscono come rom o sinti includono italiani, cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea, cittadini di Paesi non comunitari, rifugiati, apolidi, adulti e minori con uno status legale incerto. Si stima che le presenze della popolazione di origine rom in Italia si aggirino intorno alle 120 mila e le 180 mila unità di cui circa 80 mila di cittadinanza italiana. Almeno il 50% di loro è presente in Italia da oltre 15 anni, ed è arrivato in Italia durante gli anni della guerra nella ex Jugoslavia.

La maggior parte della popolazione di origine rom non gode dei diritti umani fondamentali e vive in condizioni di marginalizzazione, discriminazione e profondo disagio.

Circa 26 mila persone di origine rom e sinti nel nostro paese vivono in condizioni di emergenza abitativa. Circa 16 mila persone vivono in uno dei 148 campi formali situati in 87 comuni di 16 diverse regioni; altre 9.600 invece all’interno dei cd. insediamenti informali. I “campi” sono generalmente situati nelle zone più periferiche delle città, in condizioni spesso inumane e degradanti, esclusi dal pieno accesso ai servizi di base quali l’acqua potabile, i servizi igienico-sanitari e l’elettricità.

La mancanza di un alloggio stabile comporta inoltre diverse difficoltà per ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana a causa della difficoltà di dimostrare la residenza legale dovuta all’impossibilità di ottenere la certificazione attestante l’idoneità alloggiativa. Ciò diventa estremamente rilevante, ad esempio, per quanto riguarda l’ottenimento della cittadinanza per i bambini nati in Italia al compimento della maggiore età.

Più del 55% della popolazione rom in Italia ha meno di 18 anni.  Le precarie condizioni di vita nei campi, la loro ubicazione e la mancanza di spazi per lo studio, hanno un forte impatto negativo sull’educazione dei minori rom, limitando il loro diritto al pieno accesso agli studi. Tali fattori incidono fortemente sulla frequenza e sui risultati scolastici dei bambini e dei ragazzi alle scuole elementari e medie.

L’assenza di requisiti amministrativi (certificato di residenza, permesso di soggiorno, …) mina inoltre l’accesso di molti ragazzi e ragazze rom a corsi di formazione, a scuole specializzate o a borse lavoro.

Lo status legale incerto e la segregazione geografica dei campi limitano ulteriormente l’accesso alla salute, a cure specialistiche, a centri specializzati per ragazzi con difficoltà cognitive o disabilità. Il Comitato ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e l’Istituto degli Innocenti hanno espresso preoccupazione per le condizioni di salute dei minori rom, tra i quali mortalità infantile, malattie infettive e croniche sono frequenti.

La negazione del diritto ad un alloggio (alimentata dalla promozione del dispositivo “campo”) e lo status legale incerto, restano quindi due dei nodi cruciali di una rete che trattiene e spinge i bambini e ragazzi rom all’emarginazione e alla stigmatizzazione. Promuovere interventi di inclusione sociale vuol dire garantire a tutti i bambini e le bambine il diritto e l’effettivo accesso all’alloggio, all’istruzione, alla salute, a uno status giuridico regolare e l’effettivo accesso alle misure di contrasto alla povertà. Per non lasciare nessuno indietro.